Nella legge di Bilancio 2022,quella che il governo si appresta a completare per la sua entrata in vigore ad anno nuovo, in materia pensioni militari esce fuori una grande novità per il Comparto Difesa e Sicurezza. Quella che molti attendevano è la novità che riguarda il ricalcolo della pensione per i lavoratori appartenenti a questo Comparto.
È l’articolo n° 27 della manovra finanziaria del governo a prevedere adesso il ricalcolo al 2.44.
L’articolo n° 27 del Dl di Bilancio del governo Draghi
In pratica, con la nuova legge di Bilancio viene prevista “l’applicazione al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile dell’articolo 54 del decreto n° 1092 del Presidente della Repubblica emanato il 29 dicembre 1973.
Nel dettaglio l’articolo recita che “al personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile, in possesso, alla data del 31 dicembre 1995, di un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, effettivamente maturati, si applica, in relazione alla specificità prevista dall’articolo 19 della legge n° 183 del 4 novembre 2010, l’articolo n° 54 del decreto n° 1092 del Presidente della Repubblica emanato il 29 dicembre 1973”.
In termini meno tecnici, da adesso per ogni anno che rientra nel calcolo retributivo, troverà applicazione l’aliquota del 2,44%. Pertanto, più soldi ai militari che vanno in pensione nel 2022. Non poteva fare altrimenti il governo con la sua legge di Bilancio dal momento che c’era da recepire i dettami della Corte dei Conti proprio in riferimento al calcolo della pensione per questi lavoratori del Comparto Difesa e Sicurezza ad ordinamento civile.
Varia quindi il rendimento dei contributi versati e si aprono le porte ad un discreto ricalcolo degli assegni anche per chi in pensione ci è già andato con le regole di calcolo precedenti.
Nello specifico l’articolo n° 54 che adeso viene applicato concretamente, stabilisce che “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno 15 anni e non più di 20 anni di servizio utile è pari al 44% della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1,80% ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
La fine di un contenzioso durato troppi anni
Ricapitolando, la Corte dei Conti ha sancito un trattamento più favorevole per i contributi previdenziali versati dai poliziotti nel sistema retributivo, cioè quelli antecedenti il 1996 (data di entrata in vigore della riforma Dini). Una sentenza che di fatto boccia l’interpretazione normativa data dall’Inps al calcolo di queste prestazioni previdenziali.
L’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale Italiano infatti era solito applicare l’aliquota al 2,33% sia ai militari che ai poliziotti con meno di 15 anni di versamenti antecedenti il 1996. Una interpretazione che la Corte dei Conti ha sonoramente bocciato dal momento che ha sancito che il rendimento spettante per la parte contributiva deve essere assolutamente lo stesso per tutti i periodi effettivamente lavorati da parte di questi lavoratori.
E così si arriva all’aliquota del 2.44% per ogni anno di contribuzione versata, con estensione a tutti i lavoratori di questa percentuale che l’Inps era solito applicare solo a coloro i quali avevano più di 15 anni di versamenti al 31 dicembre 1995.
Un ricalcolo non certo ingente ma che, soprattutto per chi in pensione è già andato, da diritto anche agli arretrati. A fugare dubbi ed evitare equivoci va sottolineato che le novità non trovano applicazione per i poliziotti che escono dal servizio per sopraggiunta età ordinamentale senza avere allo stesso tempo completato i 20 anni di anzianità minima prevista. In questo caso l’aliquota da applicare è al 2,20%.
In definitiva, adesso per tutto il personale militare il coefficienti del 2.,44% va applicato a tutti gli anni di versamento antecedenti il 1996, a prescindere che siano 18 anni, 15 anni o anche meno.