Senza quota 100 addio alla pensione dai 62 anni di età. L’unica vera certezza è questa, che per i lavoratori si traduce in una specie di incubo. Verrà meno nel 2022, la misura che manda in pensione a partire dai 62 anni di età. E senza di lei, i 5 anni di scalone non sono una semplice ipotesi ma la triste realtà. Ed anche le proposte sul tavolo che via via si fanno, non sembrano essere in grado di cancellare il problema.
Si sentirà la mancanza di quota 100
I lavoratori che più subiranno il contraccolpo della chiusura di quota 100 sono coloro che al 31 dicembre 2021 o non hanno compiuto i 62 anni di età o che non hanno completato i 38 anni di contributi minimi necessari.
Tra chi è nato nel 1959 e chi è nato nel 1960 ci saranno 5 anni di differenza come data di pensionamento. Il primo in pensione nel 2021, il secondo invece solo a 67 anni di età o al completamento dei 42,10 anni di contributi utili alla pensione anticipata. E così anche per chi non completa i 38 anni di contributi.
Ecco cosa si studia per il 2022
Per ovviare allo scalone, si parla di correggere la quota 100 alzando l’età a 64 anni e riducendo i contributi a 36 anni. Una soluzione che sarebbe un toccasana per chi ha mancato la quota 100 per poco, non arrivando entro il 31 dicembre a 38 anni di versamenti. Ma accorcerebbe lo scalone di qualche anno solo ai nati nel 1959, che riuscirebbero nel 2024 ad andare in pensione, ma pur sempre 3 anni dopo i coetanei che hanno fatto “bingo” nel 2021 con la quota 100.
La quota 41 per tutti invece, non risolverebbe il problema per chi ha carriere frammentate, oppure per le donne. In pratica, non si correggerebbe una delle anomalie di quota 100, che per via del troppo elevato numero di contributi da racimolare, tagliava fuori categorie più sfortunate in termini di stabilità lavorativa.
Forse la via migliore sarebbe quella proposta dal Presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Con la sua proposta si uscirebbe dal lavoro a 63 nani, con la pensione liquidata per la sola quota contributiva fino ai 67 anni di età, quando l’assegno verrebbe ricalcolato anche con la quota retributiva.