Paura, timore e preoccupazione per una nuova escalation di inflazione e aumento del costo della vita. Se le politiche dei dazi di Donald Trump allarmano i mercati, come si vede del calo delle Borse, e se preoccupano grandi economisti, imprenditori che esportano negli USA e aziende più o meno grandi, anche i consumatori finali sono quanto meno perplessi. Cosa succederà a chi vive di pensione e di stipendio di fronte al fatto che adesso con i dazi c’è il concreto rischio di un incremento del costo della vita? Se la UE risponderà a dazi con altri dazi, alla fine quello che sembra succederà negli States, con i cittadini che per comprare qualcosa di importato dall’Europa pagheranno un conto più salato, accadrà anche da noi. E allora come si risolve tutto? Aumentando pensioni e stipendi. La panacea sembra l’abbia trovata la UIL di cui riportiamo un comunicato stampa.
Il comunicato stampa della UILPA, aumentare pensioni e stipendi, ecco la soluzione
Sul sito ufficiale della UILPA, ovvero della branca della Pubblica Amministrazione del sindacato, ecco che tramite comunicato stampa arriva la soluzione da adottare contro i dazi di Donald Trump.
“Tanto tuonò che piovve! Mentre buona parte dei politici nostrani si dichiarava fiduciosa che alla fine gli USA non avrebbero mantenuto fino in fondo la promessa di mettere dazi al resto del mondo (salvo Russia e Corea del Nord), il Presidente degli Stati Uniti, purtroppo, ha mantenuto le sue sciagurate promesse.
Il Governo italiano si è fatto trovare sostanzialmente impreparato e, da qualche giorno, tengono banco i ripetuti crolli delle borse e gli appelli del Governo a stare calmi e non andare nel panico (a noi la frase “don’t panic” ci ricorda solo il film L’aereo più pazzo del mondo). Ciò che è certo è che l’eventuale risposta dovrà essere europea, non solo perché è la cosa più giusta da fare ma perché la materia rientra tra quelle di competenza comunitaria. Ed è altrettanto certo che, qualunque sia la decisione, bene che ci vada ci aspetta una lunga trattativa tra l’Europa e gli Stati Uniti. Se ci va male, invece, il futuro è una vera e propria guerra commerciale di medio-lungo periodo. Entrambi gli scenari non possono vedere inerte il nostro Governo e vi spieghiamo perché, che poi è,
almeno parzialmente, lo stesso motivo per il quale le borse crollano.
La prima cosa che si blocca quando vi è una situazione di così grande incertezza economica è il blocco degli investimenti da parte delle imprese, che non se la sentono di rischiare e quindi “fermano” tutti i
progetti di innovazione di qualunque tipo. In un Paese come il nostro, nel quale già investimenti strategici se ne vedono pochi, questa situazione rischia di compromettere le filiere produttive italiane non soltanto nel breve periodo, ma anche nel lungo visto che senza investimenti si resta indietro sui mercati.
D’altra parte sarebbe molto rischioso anche fornire sussidi alle imprese per far sì che continuino a vendere sui mercati internazionali in regime di “dumping”, cioè permettere che lo Stato si accolli, di fatto, una parte del prezzo dei dazi attraverso sussidi pubblici. I soldi rischierebbero soltanto di andare ad aumentare i profitti anziché gli investimenti. E se pure si immaginasse di legare eventuali sussidi all’impiego come investimenti da parte delle imprese ciò sarebbe altrettanto pericoloso in quanto, come spiegato dall’economista turco dell’Università di Chicago Ufuk Akcigit, negli ultimi decenni i sussidi all’innovazione sono stati sfruttati dalle grandi aziende più per costruire posizioni oligopolistiche che
per accrescere la produttività dei fattori; in tal modo non è aumentata la concorrenza e i vantaggi per i consumatori sono stati minimi quando non nulli.
Perciò, in attesa che la risposta europea avvii un cambiamento di scenario internazionale, l’unica ricetta immediata è quella di sostenere la domanda interna, e quindi i consumi, attraverso due iniziative concomitanti: un aumento dei salari e delle pensioni e un aumento degli investimenti pubblici in ricerca di base gestiti direttamente dalle nostre università in modo tale che l’innovazione sia disponibile in primis per le start up giovani.
Misure di questo genere darebbero, come è ovvio, anche sostegno alle nostre imprese che potrebbero compensare le minori vendite all’estero a causa dei dazi con un ampliamento del mercato interno.
Aumentare gli stanziamenti dei contratti del settore pubblico – anche quelli già stipulati come il CCNL delle Funzioni Centrali – attingendo ai fondi già stanziati per il 2025, detassare aumenti contrattuali e
salario di produttività parificando il settore pubblico a quello privato e ampliando i limiti di detassazione per quest’ultimo, aumentare il valore dei buoni pasto ed eliminare i tetti al salario accessorio dei dipendenti pubblici sarebbe un ottimo inizio, ma non basterebbe. Ci vuole un vero e
proprio mini shock dal lato della domanda utilizzando la leva fiscale e aumentando i salari italiani e le pensioni, fermi al palo, come ha certificato l’OCSE, o addirittura arretrati in termini reali, come ha
certificato appena due settimane fa l’Organizzazione Internazionale del Lavoro.
I fondi per finanziare aumento della domanda e incrementare la ricerca di base devono essere trovati in parte nell’allentamento dei vincoli europei, semmai “comprando più burro e meno cannoni”. In
subordine, o in combinato disposto, pensiamo sia arrivata l’ora di prendere i soldi laddove negli ultimi anni sono stati fatti extraprofitti monstre come ad esempio nel settore bancario e farmaceutico, cosa
che il Governo si è sempre rifiutato di fare.
Non è più tempo di curare orticelli o affari delle famiglie “proprietarie” di interi partiti politici. Se vogliamo salvare la nostra economia e non peggiorare ancora la situazione delle fasce più deboli della
popolazione, si può e si deve pensare a scelte forti e alternative a quelle tragicamente note che ci espongono più di altri paesi agli shock economici. La UIL PA, che già si è rifiutata di percorrere le solite
strade non firmando il rinnovo del CCNL che ha trasformato i dipendenti pubblici nel cosiddetto “ceto medio impoverito”, è pronta sin da subito ad intraprendere un dialogo con il Governo per cambiare strada ed andare incontro ai bisogni di cittadini e imprese”.