Inutile aspettare i 67 anni per andare in pensione perché alcuni lavoratori devono avere pazienza maggiore. è questo ciò che andrebbe detto in riferimento al sistema pensionistico nostrano e al suo funzionamento. Infatti tutti dicono che la Legge Fornero ha inasprito i requisiti, ma poi a controllare è stata l’aspettativa di vita a portare le pensioni di vecchiaia a 67 anni di età per esempio. E il collegamento delle pensioni con la vita media degli italiani non è stato introdotto dalla Fornero. Molti non sanno infatti perché la riforma delle pensioni del governo Monti ha colpito duramente chi in pensione deve ancora andarci.
Come si esce dal lavoro in Italia, ecco l’età pensionabile della quiescenza
Andare in pensione e il sogno di tutti i lavoratori e di tutti quelli che arrivati ad una certa età non hanno certo la facilità di trovare un lavoro. La soglia limite che in Italia rappresenta quella utile ad uscire dal mondo del lavoro con conseguente pensionamento di un lavoratore è pari a 67 anni di età. Infatti per il sistema i 67 anni sono l’età canonica di uscita dal mondo del lavoro. Ma non sempre è così, soprattutto nel nuovo sistema di calcolo delle pensioni che è quello contributivo.
La pensione di vecchiaia al giorno d’oggi
La via principale per poter andare in pensione per un lavoratore è quella della pensione di vecchiaia ordinaria. Questa che si centra con 67 anni di età e con solo 20 anni di contributi versati. Questa è la regola generale che si applica ai lavoratori dipendenti o autonomi, alle donne e agli uomini. Non c’è nessuna differenza in questo senso e pertanto con 20 anni di contributi un lavoratore dovrebbe poter aver libero diritto di andare in pensione a 67 anni di età. Una cosa questa però che non sempre si verifica dal momento che è per chi non ha carriera antecedente il 1996, oltre all’età e ai contributi bisogna raggiungere anche un terzo requisito che è quello dell’importo minimo della prestazione.
La pensione per i contributivi
Se oggi un lavoratore ha diritto alla pensione a 67 anni lo deve sostanzialmente al fatto che la sua carriera è cominciata prima che entrasse in vigore la riforma Dini che introdusse il metodo contributivo. Dopo tale data infatti, un lavoratore non ha più diritto alla pensione di vecchiaia ordinaria se non al raggiungimento di un altro requisito fondamentale, cioè il già citato importo minimo della pensione. Serve che la pensione sia pari a 702 euro circa al mese per andare in pensione. Il limite è sempre quello di 1,5 volte l’assegno sociale. Nei prossimi anni saranno sempre più coloro i quali non avranno una carriera iniziata prima del 1996. E per loro la pensione, per il motivo prima detto, non scatta automaticamente a 67 anni, ma occorre attendere i 71. Questo è uno dei fattori più tremendi che riguardano l’attuale legge previdenziale, basata sulla riforma Fornero.
Anche nel misto la situazione è piuttosto complicata, ma per il calcolo della pensione
Chi ha iniziato a lavorare prima del 1996 non corre il rischio di non centrare l’uscita a 67 anni. Ma corre un rischio comunque, che riguarda l’importo della pensione. La pensione è calcolata con il sistema misto, ma chi ha meno di 18 anni di contributi nel sistema retributivo e quindi entro il 31 dicembre 1995, ha diritto al calcolo retributivo solo per quegli anni. Per esempio chi ha iniziato a lavorare nel 1990, e ancora oggi è in servizio, avrà diritto al calcolo retributivo solo per i 6 anni dal 1990 al 1995. Per gli altri via al contributivo.
Chi prima ha iniziato sta meglio
Ma lo stesso vale per chi ha iniziato a lavorare nel 1978, nonostante 16 o 17 anni di versamenti nel retributivo. Il calcolo più vantaggioso riguarderà solo i contributi effettivamente versati nel retributivo, mentre quelli dal 1996 al 2022, tutti contributivi. E pensione meno favorevole proprio per via del calcolo. Chi invece ha cominciato a lavorare nel 1977, avrà diritto al calcolo retributivo fino al 2012, un autentico bonus che permetterà loro di avere una pensione più alta.