Si rischia l’incriminazione per appropriazione indebita e un procedimento civile se non si da retta all’Inps e non si restituiscono le somme che l’Inps chiede indietro su assegno sociale, assegno di accompagnamento o assegno di invalidità civile. Detta così sembra una cosa da fare accapponare la pelle. Naturalmente non sempre è così, ma la legge da questo punto di vista è chiara nel dare all’Inps il diritto di chiedere soldi indietro e nel costringere il diretto interessato ad adempiere.
Ma non sempre l’errore che ha dato luogo alle somme indebitamente percepite dipende dal pensionato. Infatti sovente è l’Inps che prima sbaglia, e poi chiede la restituzione di ciò che l’Istituto ha dato in più ai pensionati.
È l’Inps a pagare per suoi errori? Ecco cosa dice la normativa e come si orientano i giudici
Partiamo dal caso che mette in luce un errore da parte del percettore del trattamento per invalidi o per soggetti a basso reddito. In ogni caso si tratta di prestazioni assistenziali e se l’errore da cui scaturiscono le somme in più erogate, è riconducibile al lavoratore, allora l’Inps non centra niente ed ha tutto il diritto di chiedere ed ottenere la restituzione di quanto indebitamente incassato dall’interessato.
Più che la legge in questo è l’orientamento dei giudici a farla da padrone, perché per esempio, a più riprese la Cassazione ha condannato il pensionato in questione alla restituzione delle somme indebitamente percepite se viene fuori dalle indagini che il beneficiario di una prestazione socio-assistenziale o previdenziale non poteva non rendersi conto da solo che qualcosa non andava.
E come detto, se l’Inps chiede soldi indietro e un giudice acconsente alla richiesta, il soggetto interessato deve adempiere obbligatoriamente, magari chiedendo una rateizzazione, ma in nessun caso può disattendere l’ordine.
Su quale principio si basa l’orientamento della giurisprudenza in genere e della Cassazione del caso specifico
“In tema di prestazioni economiche corrisposte agli invalidi civili e di assistenza sociale, le somme indebitamente percepite per mancanza del requisito reddituale, devono essere restituite”, questo in linea generale il principio su cui si basa la giurisprudenza.
Se l’errore lo ha fatto l’Inps, con il soggetto interessato condannabile perché non poteva non rendersi conto dell’errore, la restituzione delle somme indebitamente percepite è retroattiva, ma parte dal momento in cui l’Inps ha avviato il procedimento. Se invece l’errore è totalmente addebitabile al pensionato (in questo caso più che un errore è una furbata), la restituzione resta retroattiva, ma può scattare fin dal primo giorno in cui si è goduto della prestazione.