Ecco come si va in pensione nel 2025 per i nati fino al 1962, assegno da 1.500 euro al mese Ecco come si va in pensione nel 2025 per i nati fino al 1962, assegno da 1.500 euro al mese

Pensioni, nuova riforma al posto della legge Fornero, peggio o meglio? Ecco le ultime

Nel 2011 la crisi economica e lo spread a livelli record costrinsero il governo di allora a introdurre la famigerata riforma Fornero. Erano i tempi del governo del Presidente Mario Monti, che prese il posto di Silvio Berlusconi. E l’allora Ministra del Lavoro Elsa Fornero cambiò radicalmente le regole per andare in pensione.

Una legge quella della professoressa Fornero che ancora oggi è quella principale per le regole di pensionamento in Italia. Una legge che molti vorrebbero superare, anche perché è ormai fuori dal tempo essendo datata. Eppure ci hanno provato diversi esecutivi, senza mai riuscirci. Il governo Meloni oggi ci sta provando, ma in base alle ultime indiscrezioni, la situazione anziché migliorare rischia di peggiorare.

Che si arrivi al punto che da domani qualcuno arriverà a rimpiangere la legge Fornero? Un detto recita che chi lascia la via vecchia e ne prende una nuova, sa cosa lascia, ma non sa cosa trova. E per le pensioni si rischia di arrivare al paradosso. Cioè a cancellare una legge che tutti reputano da cancellare, introducendo novità che sono peggio di prima.

Breve cronistoria recente di cosa è successo al sistema pensioni in Italia

Fino al 2011 si andava in pensione più o meno con queste regole:

  • pensione di vecchiaia a 60 anni per le donne e a 65 anni per gli uomini e per tutti 20 anni di contributi almeno;
  • quota 96 con minimo 60 anni di età e minimo 35 anni di versamenti;
  • pensione di anzianità con 40 anni di contributi e senza limiti anagrafici.

Oggi invece abbiamo misure che se paragonate alle precedenti, sono nettamente peggiori dal punto di vista dei requisiti. Certo, non tutti i mali vengono dalla riforma Fornero.

Perché anche l’aspettativa di vita ha prodotto l’aumento dei requisiti per tutte le misure. Però è evidente la differenza tra epoche. Infatti oggi per le pensioni abbiamo:

  • pensione di vecchiaia a 67 anni con 20 anni di contributi e senza distinzioni di genere o lavoro svolto (sia uomini che donne);
  • pensione anticipata ordinaria con 42,10 anni di versamenti per uomini e 41,10 anni di versamenti per donne e per tutti senza limiti di età;
  • tante misure diverse, dall’Ape sociale a 63,5 anni di età alla quota 41 per i precoci, da opzione donna ella quota 103.

Le misure panacea inserite negli anni non hanno aiutato

Opzione donna, l’Ape sociale e quota 103 sono misure che si trovano davanti alla loro scadenza del 31 dicembre 2024. Senza una loro proroga, le misure cesseranno di essere attive.

Lo stesso per opzione donna. Solo la quota 41 per i precoci è sicura di rimanere al suo posto, consentendo il pensionamento a 41 anni di contributi versati di cui 12 mesi prima dei 19 anni di età e 35 anni di contributi effettivi e senza figurativi da disoccupazione o malattia. Il rischio è che si assottigliano le misure di pensionamento anticipato a cui da tempo sono abituati gli italiani.

Perché la quota 103 è venuta dopo i tre anni di quota 100 (dal 2019 al 2021), opzione donna ormai da anni viene sempre confermata anche se con modifiche e l’Ape sociale pure. Ecco quindi che senza inteventi pensionistici resteranno le misure ordinarie, che sono legate come struttura proprio alla legge Fornero.

Ecco il peggioramento che è meglio scongiurare per le pensioni anticipate

Ecco quindi che si cerca di correre ai ripari. Introducendo novità che però come vedremo, sono discutibili. Ormai le pensioni anticipate ordinarie (ma anche quota 41 per i precoci), hanno 3 mesi di finestra in aggiunta ai 42,10 o 41,10 anni di versamenti da centrare.

Significa che dalla data di maturazione dei requisiti devono passare tre mesi per prendere il primo mensile di trattamento. Dal primo giorno del quarto mese successivo a quello di maturazione della pensione si diventa per davvero pensionati.

La novità è che con quella che viene definita nuova riforma delle pensioni le anticipate potrebbero essere ritoccate con un aumento a 7 mesi di questa finestra. Un vero peggioramento con la pensione anticipata che slitta di fatto di 4 mesi.

Riforma delle pensioni 2025, e se cambia anche il requisito contributivo della vecchiaia?

E non va meglio per le pensioni di vecchiaia, se l’ipotesi di una nuova flessibilità da 64 a 72 anni come proposta dal CNEL (gruppo di esperti che ha il compito di produrre una proposta di riforma al governo), troverà i natali.

Perché è vero che verrebbe concessa la pensione a partire da 3 anni prima rispetto alle regole odierne della pensione di vecchiaia. Ma solo a fronte di 25 anni di contributi e non di 20 anni. E solo con un trattamento che non deve essere inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale.

Senza considerare che si pensa ad un cambio di regole anche per il calcolo della prestazione. Magari con tagli lineari per anno di anticipo o magari con ricalcolo contributivo della prestazione.

Riforma delle pensioni, a che punto è la quota 41 per tutti

La misura sicuramente più importante che molti vorrebbero varare sulle pensioni è quota 41 per tutti. Ma dimenticatevi della promessa di una quota 41 per tutti libera da tagli e penalizzazioni.

Questa versione era quella che Matteo Salvini e la Lega promettevano per il post quota 100. Ed era quella che trovava l’appoggio pure dei sindacati. Invece adesso si parla di una quota 41 per tutti completamente contributiva.

Significa che chi ha molti anni di carriera prima del 1996 rischia di dover accettare di prendere oltre il 30% in meno di pensione per anticipare l’uscita di 22 mesi per gli uomini o di 10 mesi per le donne rispetto alla pensione anticipata ordinaria.