Pensioni, rivalutazione e Corte Costituzionale, cosa hanno perso i pensionati e che arretrati devono avere Pensioni, rivalutazione e Corte Costituzionale, cosa hanno perso i pensionati e che arretrati devono avere

Pensioni, rivalutazione e Corte Costituzionale, cosa hanno perso i pensionati e che arretrati devono avere

Oggi c’è un argomento che interessa davvero da vicino l’opinione pubblica. Questo argomento si chiama rivalutazione delle pensioni. Come ogni anno di questi tempi l’argomento diventa virale. Perché i pensionati iniziano a guardare al 2025, ovvero al rateo di pensione di gennaio per vedere di quanto salirà il loro trattamento dopo il consueto adeguamento al tasso di inflazione.
In materia le polemiche sono davvero tante. Perché ci sono contestazioni che riguardano il meccanismo della rivalutazione, che tutela le pensioni più basse ma che allo stesso tempo penalizza con aumenti inferiori al tasso di inflazione, le pensioni più alte. E con tagli crescenti in maniera tanto maggiore quanto più alta è la pensione. La notizia del momento è che qualcuno ha deciso di impugnare questa situazione. Con un ricorso alla Corte dei Conti che adesso è arrivato addirittura alla Corte Costituzionale. In pratica, ai giudici della Consulta adesso viene chiesto se la rivalutazione delle pensioni ridotta per titolari di assegni più elevati, è contraria alla Costituzione o meno. E se passa la linea dell’incostituzionalità, per i pensionati colpiti da questi tagli, potrebbe arrivare una gradita sorpresa. Vediamo adesso, tra pensioni, rivalutazione e Corte Costituzionale, cosa hanno perso i pensionati e che arretrati devono avere.

La questione della rivalutazione delle pensioni finisce davanti la Corte Costituzionale

Da anni, anche se con correttivi e regole leggermente diverse, il taglio della rivalutazione delle pensioni rispetto all’inflazione, per le pensioni a partire da un determinato importo, fa parte della normalità. Il governo attuale per il 2025 e per le pensioni di gennaio, pare intenzionato a fare lo stesso, cioè ad usare l’identico meccanismo e l’identico sistema del 2024.
Sulla materia ci sono le prese di posizione delle opposizioni del governo ma anche quelle dei sindacati.

Addirittura la CGIL ha quantificato cosa lo Stato ha ricavato da questa rivalutazione imposta alle pensioni sopra 4 volte il trattamento minimo (fino a 4 volte il trattamento minimo le pensioni salgono al 100% del tasso di inflazione), per un totale di 10 miliardi nel 2023 e nel 2024. E sarebbe pari ad un altro miliardo di euro il ritorno in termini di risparmio per le casse dello Stato, se venisse confermata la rivalutazione anche nel 2025.

Corte Costituzionale, cosa hanno perso i pensionati e che arretrati devono avere

In base allo studio effettuato dal sindacato e pubblicato su noti siti nazionali di stampa, notiziari e media in genere, dal 2023 al 2025 una pensione di circa 2.030 euro al mese netti nel 2022 (fino a 1.650 euro al mese nessun taglio rispetto all’inflazione), che rientra tra quelle sopra 4 volte il trattamento minimo e sotto 5 volte lo stesso trattamento, ha perso 3.571 euro.

Perdite che salgono a quasi 4.500 euro per una pensione di poco superiore a 5 volte il trattamento minimo, cioè più o meno pari a 2.350 euro netti al mese. La CGIL estende questi numeri al resto della vita dei pensionati, usando la stima di vita naturalmente. Arrivando a cifre enormi e superiori ai 40.000 euro.
Quello che non diciamo invece è che già oggi alla luce delle perdite prima citate, se mai dovesse uscire dalla Corte Costituzionale una sentenza di incostituzionalità del meccanismo della rivalutazione, gli arretrati spettanti per i lavoratori degli esempi prima citati sarebbero di circa 3.500 e 4.500 euro. Non poco.

Ecco la rivalutazione della discordia, da dove parte il problema

Lo studio della CGIL dimostra quindi come le perdite per i pensionati sono tanto più alte quanto più sale la pensione. Perché per esempio il metodo che vuole usare il governo per la rivalutazione 2025 di gennaio (usato anche lo scorso anno) è il seguente:

  • pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo aumento del 100% del tasso di inflazione;
  • 85% del tasso di inflazione per pensioni sopra 4 volte il trattamento minimo e fino a 5 volte;
  • 53% del tasso di inflazione per pensioni sopra 5 volte il trattamento minimo e fino a 6 volte;
  • 47% del tasso di inflazione per pensioni sopra 6 volte e fino a 8 volte il trattamento minimo;
  • 37% del tasso di inflazione per pensioni sopra 8 volte e fino a 10 volte il minimo;
  • 22% del tasso di inflazione per pensioni sopra 10 volte il trattamento minimo.

Per fortuna il tasso di aumento del costo della vita per il 2025 non ha le cifre degli altri anni. Infatti si parla dell’1,6% (nel 2023 per esempio era del 7,3%). Una pensione che per poco entra nella fascia dei tagli, cioè nella seconda, avente un importo di circa 1.700 euro subisce in totale per il triennio in questione una perdita superiore a 900 euro (arretrati eventualmente da prendere).

Va detto però per evitare allarmismi o per evitare false aspettative, che prima di tutto serve che la Consulta emetta la sentenza e provveda a tacciare di incostituzionalità la rivalutazione. E poi bisogna capire cosa la Corte Costituzionale ordinerà al governo.

Ecco cosa succede adesso se la Consulta da ragione alla teoria dell’incostituzionalità


In passato situazioni del genere sono state già vissute. Ai tempi del blocco della perequazione di pensioni e stipendi statali da parte della Fornero, la Consulta sancì l’incostituzionalità della misura. Ordinando al governo di risarcire i danneggiati. Il governo inventò un risarcimento una tantum che fu chiamato bonus Poletti.

Quindi ai danneggiati da una norma incostituzionale, non fu restituito tutto il maltolto ma solo una parte. In altri casi la Consulta può anche decidere di evitare al governo e allo Stato il grande salasso che ne verrebbe fuori se fosse chiamato a rimborsare gli 11 miliardi di risparmi ottenuti come calcolati dalla CGIL. Magari potrebbe anche decidere di imporre lo sblocco in avanti degli incrementi, cioè adeguando le pensioni future ma non operando a ritroso, eliminando gli arretrati.