C’è una data spartiacque non di poco conto quella che impatterà in misura decisiva probabilmente per le pensioni di molti. È il 31 dicembre 2021 questa data. Infatti fino a quel giorno alle pensioni di vecchiaia e alle pensioni anticipate ordinarie, si affiancano misure, magari discusse e discutibili come quota 100 e come l’Ape sociale.
Ma si tratta pur sempre di misure che permettono un netto anticipo rispetto alle normali vie di uscita. Ma sono misure che nel 2022 non funzioneranno più. Quota 100 verrà stoppata al 100%, mentre l’Ape sociale lascia qualche dubbio dal momento che da anni funziona in misura sperimentale e viene rinnovata anno dopo anno.
Ipotizzare una nuova proroga dell’Ape sociale anche nel 2022, soprattutto se non si riuscirà a riformare il sistema previdenziale non è esercizio azzardato e noi di Pensioni&Fisco più di qualche dubbio lo abbiamo. Ma quello che rischia di accadere nel 2022 è una netta iniquità tra laboratori, con chi è nato fino al 1959 che può, a determinate condizioni ritenersi fortunato.
Gli ultimi usciti a 62 anni e forse a 63
Evidente che sparendo la quota 100 e non producendo interventi nuovi dal punto di vista pensionistico, gli ultimi a poter uscire con la quota 100 saranno i nati nel 1959. Saranno gli ultimi a compiere 62 anni in tempo utile sia per uscire con la quota 100 nel 2021 che per cristallizzare il proprio diritto alla pensione con la stessa misura per gli anni successivi.
E lo stesso accadrà, forse, per i nati nel 1958 con l’Ape sociale, per quanti naturalmente nell’Anticipo pensionistico a carico dello Stato trovano la misura di uscita non rientrando in quota 100.
Penalizzati i nati nel 1960
Se c’è una accusa che viene mossa alla quota 100 è quella di essere una misura destinata a pochi perché servono ben 38 anni di contribuzione. Invece sull’Ape sociale le discussioni nascono sulla sua natura prettamente assistenziale e non previdenziale, anche se viene “venduta” come misura pensionistica. Restano però vie di uscita alternative, misure di pensionamento anticipato che mancheranno ai lavoratori.
Basti pensare che bastano pochi giorni di ritardo per quanto riguarda la data di nascita per subire un duro colpo in termini di uscita dal lavoro. Il nato nel 1960, anche se nato a gennaio dello stesso anno, rispetto al nato a dicembre del 1959 potrebbe essere duramente penalizzato.
E parlare di discriminazione o di iniquità non è sbagliato. Senza la quota 100 il nato nel 1960 potrebbe dover andare in pensione molto più tardi del collega nato nel 1959, nonostante entrambi abbiano completato 38 anni di contributi nel 2021.
Un nato nel 1960 potrebbe trovarsi a dover attendere i 67 anni per accedere all’unica via di uscita diversa dalle pensioni anticipate con 42,10 anni di contributi. A poco servirebbe aver maturato già i 38 anni di contributi o essere disoccupato, invalido o alle prese con i lavori gravosi (categorie tutelate dall’Ape sociale fino a fine anno).
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