Tutti i pensionati sono in fibrillazione per la perequazione delle pensioni attesa a gennaio 2023. Gli aumenti degli assegni annuali, infatti, saranno corposi come non lo sono mai stati. Colpa del costo della vita che, nell’ultimo anno, è salito a dismisura. Al punto che il Governo ha deciso addirittura di anticipare parte della rivalutazione di gennaio al mese di ottobre 2022. Solo un 2%, per aiutare i pensionati fino al termine dell’anno.
Ma la rivalutazione della pensione non è solo una cosa positiva per i pensionati, visto che comporta anche un aumento dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia contributiva a 67 anni. Andiamo a cercare di capire.
Per andare in pensione nel 2023 potrebbero servire anche più di 700 euro
Attualmente per chi ricade nel sistema contributivo la pensione a 67 anni richiede, oltre ai 20 anni di contributi anche un requisito legato all’importo dell’assegno. Quest’ultimo non può essere inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale INPS. Che per il 2022 ha un importo di 468,28 euro.
Quindi per accedere alla pensione di vecchiaia per chi ha contributi versati a partire dal 1996 serve avere, a 67 anni, una pensione che sia di almeno di 703 euro. Altrimenti il pensionamento slitta a 71 anni, quando la pensione è erogata a prescindere dall’importo.
Ma cosa cambia nel 2023 con le rivalutazioni? Anche l’assegno sociale sarà rivalutato al 7,3% ed il suo importo passerà dal 1 gennaio 2023 a 502,46 euro. Questo comporterà un aumento anche per il requisito dell’importo necessario per accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni per i contributivi puri che non sarà più di 703 euro. Ma diventerà di 753,69 euro. Per chi non riuscirà a raggiungere tale importo con la pensione spettante, il pensionamento sarà rimandato al compimento dei 71 anni.