Criticata è contestata forse come nessun’altra misura pensionistica introdotta negli ultimi anni è l’opzione donna del governo Meloni. Si tratta della proroga di opzione donna che il nuovo governo di centrodestra ha deciso di introdurre nella sua prima legge di Bilancio, ma con dei correttivi piuttosto marcati che ne hanno parzialmente modificato il profilo. Ed è proprio sui correttivi che molti hanno mosso le critiche alla misura. Eppure c’è chi sostiene che opzione donna, così come è stata varata quest’anno, potrebbe essere la base di partenza per la vera riforma delle pensioni che il governo Meloni dovrebbe preparare per il 2024.
Come funziona pozioni donna oggi e perché la pensione a 60 anni di opzione donna può diventare la via della riforma pensioni
Perché la pensione a 60 anni di opzione donna può diventare la via della riforma pensioni? Il nostro articolo titola così perché c’è chi vorrebbe far diventare opzione donna una misura valida anche per gli uomini. E quindi estenderla alla generalità dei lavoratori. Da una nostra analisi di redazione, effettivamente estendere questa facoltà anche agli altri lavoratori potrebbe dotare il sistema di quella flessibilità di cui molti sentono la necessità. E anche vero però che opzione donna così come è stata prorogata appare quantomeno limitativa dal punto di vista della platea dei potenziali aventi diritto. Tralasciando il caso dei figli a carico che abbassano l’età di uscita, ciò che può essere criticato della misura varata dal governo nella legge di Bilancio è il fatto che è destinata solo a delle lavoratrici che hanno delle problematiche a livello lavorativo, di salute o familiare. Infatti la proroga di opzione donna nel 2023 è nata come destinata soltanto a invalide, caregivers, disoccupate o alle prese con le crisi aziendali.
La pensione a 60 anni per tutti i lavoratori? sarebbe una opzione
Per quanto riguarda il bonus sui figli avuti, che consente di ridurre l’età di uscita da 60 a 58 anni con due o più figli, o da 60 e 59 anni con un solo figlio, probabilmente queste novità verranno eliminate già nel corso del 2024. Almeno questo è quello che dal governo fanno trapelare. Parlare di discriminazione però sembra esagerato perché si potrebbe benissimo parlare di un bonus in base ai figli avuti. Come per esempio lo è lo sconto di due anni massimo di contributi utili all’Ape sociale. Misura che per le donne con figli può scendere da 30 a 28 anni o da 36 a 34. Ipotizzando che si vada nella direzione di una opzione donna a partire dai 60 anni di età, come effettivamente è la misura varata dal governo odierno, molto cambierebbe. Se si eliminasse il vincolo della platea, la misura sarebbe meno suscettibile sia di critiche che di diverse interpretazioni.
Il taglio di pensione barattato per l’uscita a 60 anni di età
In pratica accettando il ricalcolo contributivo della pensione una lavoratrice può uscire a 60 anni di età con 35 anni di contributi versati. Purché completati entro il 31 dicembre del 2022. Fosse nata così la misura probabilmente avrebbe fatto meno discutere. Perché si trattava soltanto di aver innalzato di due anni l’età anagrafica di uscita. Età che nel 2022 era a 58 anni per le lavoratrici dipendenti ed a 59 anni per le lavoratrici autonome. Una pensione a 60 anni per tutti quindi potrebbe benissimo essere una soluzione utile a dotare il sistema della flessibilità tanto richiesta.
Per le pensioni la via della flessibilità
In pratica qualsiasi lavoratore una volta raggiunti 35 anni di contributi versati e i 60 anni di età potrebbe scegliere se restare al lavoro ed arrivare a maturare i requisiti delle pensioni ordinarie, o in alternativa accettare di perdere anche il 30% di pensione come succede oggi alle lavoratrici con opzione donna, ma uscendo prima già a partire dai 60 anni di età. Per chi propone quella che di fatto viene chiamata opzione uomo, sembra una via assolutamente plausibile di riforma delle pensioni che presto sarà oggetto dei summit tra governo e sindacati. Un compromesso giusto tra una uscita a 60 anni ed un taglio di assegno cospicuo.