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Reato di diffamazione: è punito penalmente?

Il reato di diffamazione è punito con il carcere? Vediamo cosa prevede il codice penale e la riforma del 2015.

La diffamazione è un reato previsto e punito dall’art. 595 del codice penale che consiste nell’offesa alla reputazione di altre persone.

Quello che ci preme sapere è se la diffamazione è ancora punita penalmente.

Diffamazione, è punita penalmente?

L’articolo 595 del codice penale recita:

Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.

Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.

Laddove sia recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.

Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.

Come sappiamo, il reato di diffamazione scatta nel momento in cui si offende la reputazione altrui danneggiano la sua immagine.

Per configurarsi il reato di diffamazione è necessario che la persona offesa non sia presente, in caso contrario si configura l’ingiuria (che non risulta più essere reato ma solo illecito civile poichè l’offeso ha la possibilità di difendersi e dire la sua in proposito).

In ogni caso se si commette reato di diffamazione non si rischia sempre la reclusione poichè l’articolo 131bis del codice penale fa “cadere” tutti i reati che non hanno creato conseguenze.

L’articolo 131 bis del codice penale recita:

Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’articolo 133, primo comma, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

L’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona. L’offesa non può altresì essere ritenuta di particolare tenuità quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero nei casi di cui agli articoli 336337 e 341 bis, quando il reato è commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell’esercizio delle proprie funzioni(1).

Tale articolo è stato introdotto dal D.Lgs numero 28 del 2015 per escludere la punibilità del colpevole qualora l’offesa risulti essere particolarmente tenue.