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Riforma delle pensioni a 60 anni di età, ecco come si dice addio alla Legge Fornero

Ecco come lo Stato potrebbe prevedere una riforma delle pensioni a 60 anni di età al posto dei tanti e forse troppi sussidi.

Uno dei problemi più grandi del sistema previdenziale italiano è senza dubbio il fatto che la spesa pubblica dell’INPS è troppo elevata. Ed è un problema che da sempre mina le possibilità di varare una riforma delle pensioni degna di questo nome. Ed è per questo motivo che ancora oggi, oltre 13 anni dopo l’ingresso della riforma Fornero, le normative previdenziali italiane si basano ancora su quella famigerata legge del Governo Monti. Il nodo però è che la spesa dell’INPS viene considerata in maniera unica, perché comprende sia quella previdenziale che quella assistenziale. Probabilmente scindendo le due cose, come molti vorrebbero, tutto potrebbe essere più facile. E la riforma delle pensioni a 60 anni di età potrebbe essere una valida soluzione.

Riforma delle pensioni a 60 anni di età, ecco come si dice addio alla Legge Fornero

Il sistema pensionistico italiano ormai si basa quasi interamente sul metodo contributivo. Le pensioni vengono calcolate per la stragrande maggioranza dei cittadini, in gran parte con il sistema contributivo. Solo chi ha maturato almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, gode di un calcolo retributivo fino al 31 dicembre 2011. Gli altri hanno più anni di lavoro dentro il sistema contributivo che in quello retributivo. E c’è chi, avendo cominciato a versare dopo il 1995, ha una pensione calcolata interamente in base al montante dei contributi. Se il meccanismo è che più versi più prendi, evidente che si possa parlare di flessibilità per la riforma delle pensioni. Anche a 60 anni di età. Perché un lavoratore potrebbe decidere da solo e in base alle sue necessità, di anticipare o posticipare l’uscita a partire dai 60 anni di età e magari a partire da soli 20 anni di contributi.

La pensione a 60 anni al posto del sussidio

Il fatto che parliamo di 60 anni di età come quella idonea a far partire una misura previdenziale flessibile dipende da un fattore che pochi considerano. Oggi l’INPS eroga a soggetto con almeno 60 anni di età, l’Assegno di Inclusione. Si tratta del sussidio che ha preso il posto del reddito di cittadinanza. L’Assegno di Inclusione non viene erogato a soggetti che hanno meno di 60 anni o che non hanno problematiche di varia natura. Questo sta a significare che un contribuente a 60 anni di età per lo Stato è meritevole di aiuto. A tal punto che viene previsto un sussidio da 500 euro al mese per un singolo. Ma se questo singolo ha 20 anni di contributi già versati e non trova nuovo lavoro, perché dargli un sussidio e non la sua pensione? La domanda sorge spontanea, perché sono tantissimi i soggetti che a 60 anni o oltre, non possono andare in pensione nemmeno se hanno completato i 20 anni di carriera minima per le pensioni di vecchiaia. E sono costretti a chiedere sussidi allo Stato quando, avendo versato contributi, potrebbero avere diritto alla loro pensione. Magari prendendo più di 500 euro, o magari, prendendo proprio la stessa cifra che lo Stato offre come sussidio.