Che sia una misura senza limiti di età come la quota 41 per tutti, o una che mandi in pensione sommando età e contributi, cambia poco. Secondo le segnalazioni dei lettori, tutti sarebbero felici di un cambio delle regole del sistema, votato alla flessibilità. Partendo da una certa età infatti, si dovrebbe poter essere liberi di andare in pensione. Anche perché a conti fatti un lavoratore uscendo prima perde una parte di pensione.
Riforma delle pensioni con misure flessibili
Aprire prima un salvadanaio significa fermare l’inserimento dei soldi al suo interno e quindi racimolare meno. Un paragone, quello del salvadanaio che spiega bene come funziona il meccanismo di calcolo della pensione, soprattutto con il metodo contributivo. Un paragone che usiamo spesso e che serve a spiegare che inserire una misura di pensionamento flessibile non sarebbe così impossibile da varare come ci fanno credere.
Sarebbe più facile secondo noi e secondo i nostri lettori, perfino di una quota 41 per tutti. Quest’ultima misura infatti finirebbe con il sostituirsi di sana pianta alla pensione anticipata ordinaria. Chi sarebbe il folle che potendo uscire a qualsiasi età con 41 anni di contributi, resterebbe al lavoro ancora due anni per arrivare alla pensione anticipata? Pochi, probabilmente quanti svolgono un lavoro niente affatto pesante. O quanti cercano di arrivare al massimo di pensione incassabile puntando tutto sui due ultimi anni di contributi da versare.
Flessibilità in uscita
La pensione flessibile invece diventerebbe una alternativa libera alla permanenza in servizio. A maggior ragione se si pensa alle difficoltà che molti incontrano a 60 anni, per trovare un nuovo lavoro dopo averlo perso, o per restare a lavorare se si svolge un lavoro pesante. Al posto di mettere queste persone di fronte alla necessità di chiedere sostegno allo Stato, come con il reddito di cittadinanza (Molti sono i sessantenni che lo prendono e lo prenderanno), perché non dargli la loro pensione? Se è figlia dei loro risparmi (se i versamenti contributivi possono considerarsi un risparmio), allora perché renderli poveri a tal punto da chiedere un sussidio?
Pensione e non sussidi, si tratta di equità
Se per i sussidi statali 60 anni sono l’età a partire dalla quale i beneficiari non dovrebbero poter sottostare ai corsi di formazione o alle politiche attive del lavoro, essendo non più occupabili, allora ecco la pensione flessibile dai 60 anni. In pratica, per chi ha già 20 anni di contributi, via libera alla sua facoltà di scegliere se lasciare subito il lavoro e pensionarsi. Oppure via libera alla sua pensione se non trova nuovo lavoro ed ha perduto quello suo. Perché a conti fatti sarebbe il diretto interessato ad uscire a 60 anni o anche qualche anno dopo, a perderci come pensione futura. Perdite che si materializzerebbero in base a questi fattori:
- meno anni di contributi versati;
- coefficienti di trasformazione dei contributi in pensione che sono meno favorevoli se l’età di uscita è più bassa;
- tagli lineari di assegni in base agli anni di anticipo rispetto ai 67 anni;
- calcolo contributivo della prestazione.