E dopo anni siamo ancora a parlare di superamento della riforma Fornero. Significa che anche per il 2025 nessuna riforma delle pensioni arriverà. Di superamento della riforma Fornero dopo i soliti mesi in cui se ne parla tanto, in vista della legge di Bilancio, ormai è solo un ricordo. Infatti mesi fa era un argomento molto caldo, si parlava di nuove finestre di decorrenza delle pensioni, di nuove misure proposte anche da quel pool di esperti che compone il CNEL, di quota 41 per tutti penalizzata dal calcolo contributivo. E adesso siamo tornati alla solita conferma di Ape sociale, opzione donna e quota 103, alle solite misure tampone e così via. Ma ciò che traspare è che se è vero che la riforma Fornero è ancora viva e vegeta, è vero pure che presto si tornerà ad un inasprimento delle regole. Anzi, alcuni segnali sono già evidenti, perché qualcosa di peggiorativo nel 2025 arriverà.
Riforma delle pensioni, ecco come funzionerà
Niente riforma delle pensioni nella legge di Bilancio, ma presto torneranno a salire i requisiti per le pensioni in collegamento con l’aspettativa di vita. Che nel frattempo ha già prodotto un cambiamento radicale dei coefficienti di trasformazione che sono peggiorati rispetto allo scorso anno.
Ma partiamo dalla base, dall’idea di varare una riforma delle pensioni degna di questo nome che il governo Meloni ha messo in calendario per fine legislatura. Si parla di andare a centrare l’obiettivo entro il 2027.
Prima abbiamo citato il cavallo di battaglia della Lega, cioè la quota 41 per tutti. Quella che a tutti gli effetti sarebbe una vera pensione di anzianità come funzionava prima della legge Fornero quando si andava in pensione con 40 anni di contributi senza limiti di età, potrebbe tornare di attualità. Anche perché si è capito che se mai dovesse essere varata, sarebbe a ricalcolo contributivo. Quindi penalizzante per i lavoratori. Soprattutto per chi ha già maturato 18 anni di versamenti al 31 dicembre 1995. In effetti il varo di questa ipotetica misura non può prescindere da questa novità del ricalcolo contributivo della prestazione.
La flessibilità, i tagli e i premi, ecco gli scenari futuri
Ma anche di flessibilità in uscita dai 62 anni di età che erano alcuni dei progetti di riforma delle pensioni di qualche tempo fa si potrebbe tornare a parlare. Perché non esiste sistema contributivo che non preveda penalizzazioni di assegno. E se è vero che ormai si viaggia spediti verso due diverse forme di persuasione a restare al lavoro, tagliando la pensione a chi esce prima e premiando, non solo sulla pensione ma anche sullo stipendio chi esce dopo, ecco che tutto diventa fattibile. Perché di fronte a perdite doppie i lavoratori potrebbero scegliere liberamente se accettare i tagli e andare in pensione o restare al lavoro per maturare qualcosa di meglio come in effetti dovrebbe essere la flessibilità.
L’Unione Europea e i suoi tanti veti, anche sulle pensioni
I conti vanno fatti sempre con i diktat di Bruxelles e con i veti imposti dall’Unione Europea.
Non si può varare una misura che semplicemente consenta di andare in pensione prima senza tagli perché vanno considerate le spese pubbliche. Qualche mese fa in un rapporto dell’INPS emerse anche che in Italia si va in pensione troppo presto. L’età media di uscita a 64,2 anni è un’età troppo bassa ed è al di sotto della media europea. I dati del rapporto dell’INPS contraddicono quanti pensano che i requisiti per andare in pensione in Italia siano troppo aspri o meglio che in Italia si va in pensione troppo tardi.
Quindi più che andare nella direzione di alleggerire i requisiti di uscita per le pensioni con una ipotetica nuova riforma delle pensioni si potrebbe andare nella direzione opposta. Cioè di allontanare le pensioni dei lavoratori.
Cosa rischia di accadere adesso con le pensioni in Italia
Più che alleggerire il carico si va nella direzione opposta quindi. E c’è il rischio che qualsiasi nuova riforma porterà a far salire l’età media del pensionamento in Italia. Senza tralasciare il fatto che nel 2027 i requisiti per andare in pensione dovrebbero salire per via dell’aspettativa di vita. Infatti dopo l’ultimo scatto di cinque mesi del 2019 e dopo lo stallo dovuto all’abbassamento della vita media degli italiani per la pandemia, dal 2027 si dovrebbe tornare a salire con 2 o 3 mesi di aumento.
Due mesi di inasprimento che incideranno anche sulle pensioni anticipate che pertanto arriveranno a superare i 43 anni di contributi versati. Mentre per le pensioni di vecchiaia si andrà ben oltre i 67 anni di età di oggi. Oltretutto ci sono dei segnali che fanno intravedere anche una soluzione aggiuntiva che il governo potrebbe usare come salva conti.
Un inasprimento nascosto dietro il fattore della decorrenza della prestazione. Infatti mentre in passato per le pensioni di anzianità e per le pensioni anticipate la decorrenza del trattamento partiva come sempre dal primo giorno del mese successivo a quello del raggiungimento dei requisiti per le pensioni, il nuovo meccanismo ha spostato questa decorrenza di 3 mesi. Di fatto hanno inasprito il tutto portando i pensionati a ricevere il primo rateo solo dopo tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti. qualche mese fa si parlava per esempio di portare a 6 o 7 mesi la finestra. Un altro inasprimento quindi.