Parlando di riforma delle pensioni le ipotesi che si fanno sono quasi sempre le stesse. Si parla con insistenza di quota 41 per tutti. E poi si parla di rendere il sistema votato tutto al contributivo. Una cosa quest’ultima che è già in atto e che presto sarà definitiva. Infatti oggi possiamo definire il nostro sistema previdenziale come un sistema contributivo. Solo che c’è ancora qualcuno che ha diritto a lasciare il lavoro con il calcolo misto. Si tratta di quelli che hanno iniziato a versare prima del 1996. Presto però tutti questi soggetti non ci saranno più perché saranno già in pensione. E allora davvero la riforma contributiva del 1996 potrà dirsi conclusa. Ma allora perché si parla di riforma delle pensioni con il contributivo anche oggi? Il motivo è semplice. Le misure pensionistiche anticipate che potrebbero fare parte integrante del sistema con una nuova ed ipotetica riforme, dovrebbero essere tutte contributive. Compreso naturalmente la quota 41 per tutti. Ma potrebbero esserci anche sorprese diverse che vanno nella stessa direzione del motivo per cui si vogliono varare misure che penalizzano i beneficiari. Il risparmio per le casse dello Stato.
Riforma delle pensioni: premi per questi lavoratori e due vantaggi notevoli
Come hanno dimostrato i legislatori con la nuova quota 103 nel 2024, le nuove misure di pensionamento anticipato nascono sempre con dei tagli di assegno per i lavoratori. Si tratta dei disincentivi ad andare in pensione. In altri termini, viene varata una misura che consente di anticipare l’uscita dal lavoro, ma solo se il lavoratore accetta di prendere una pensione più bassa. E così la quota 103 è diventata contributiva, cioè penalizzata rispetto a come era nel 2023. Ma non solo. Perché la pensione di quota 103 è diventata più limitata dal fatto che non può superare 4 volte il trattamento minimo come importi (nel 2023 non poteva superare 5 volte lo stesso trattamento). Inoltre le finestre per la decorrenza sono diventate più lunghe. Si è passati da 3 a 7 mesi nel settore privato e da 6 a 9 mesi nel pubblico impiego. Opzione donna ha visto un anno di età in più come soglia minima da centrare (da 60 a 61 anni). L’Ape sociale invece è passata da 63 a 63,5 anni. Come si dice, tre indizi fanno una prova. Il governo non può che andare nella stessa direzione anche per le nuove misure di pensionamento anticipato. Penalizzare i potenziali richiedenti in modo tale da spingere più di qualcuno a rinunciare ad andare in pensione prima.
Premi per chi resta al lavoro e penalizzazioni per chi esce prima
In questo scenario però si potrebbe incastonare anche una seconda strada che è quella di un premio per i lavoratori che rimandano la pensione. In pratica, anche le nuove misure che si vorrebbero introdurre potrebbero legare al rischio tagli di assegno con pensioni prese più basse rispetto a quelle teoricamente spettanti, anche dei premi sulla permanenza a lavorare. Per la quota 103 nel 2024 una cosa del genere che richiama al vecchio Bonus Maroni già c’è. Infatti i lavoratori che nonostante abbiano completato i 41 anni di contributi ed i 62 anni di età utili alla quota 103, scelgono di restare al lavoro, possono godere di uno sgravio contributivo per la quota di contribuzione previdenziale a loro carico. Aumentando così ciò che prendono in busta paga ogni mese. E per tutti i mesi che mancano ad andare in pensione con le misure ordinarie, quindi fino ai 42 anni e 10 mesi di contributi.
Bonus stipendio o Bonus pensioni per la riforma
Una via del genere potrebbe essere adottata anche per nuove misure o addirittura essere estesa alla generalità delle misure. Ma azzardiamo anche una seconda via di privilegio per chi decide di restare al lavoro. Potrebbero essere inseriti, in via del tutto ipotetica, premi differenti dal surplus di stipendio. Per esempio, potrebbero assumere un valore più alto i contributi versati dopo una determinata età. Magari dare un valore più alto ai contributi dopo i 65 anni di età. In modo tale che l’interessato possa andare a percepire una pensione più alta arrivando all’età del pensionamento ordinario. Il lavoratore così sarebbe invogliato a restare al lavoro perché oltre a prendere una pensione più alta grazie ai contributi in più versati e al migliore coefficiente di trasformazione, potrebbe prendere una pensione ancora maggiore grazie all’extra valore dei contributi sul finire della carriera. La nostra è una semplice ipotesi come alternativa alle tante idee che si hanno su queste regole penalizzanti da inserire.