Tornare indietro a prima della riforma Fornero non si può. Ma questo sicuramente può essere considerato come un autentico sogno per i lavoratori. Per come sono peggiorate le regole per il pensionamento oggi, tornare indietro sicuramente sarebbe la soluzione ottimale. Una cosa che non si può, perché non è facile tornare al passato con un semplice colpo di spugna. Anzi, dalla UE fanno arrivare all’Italia messaggi che spingono a non prevedere passi indietro e misure di favore per i lavoratori in materia pensionistica. Ma partendo dal fatto che qualsiasi nuova misura deve avere il calcolo esclusivamente contributivo, ecco che due soluzioni secondo noi potrebbero essere facilmente inserite. Anzi, le soluzioni potrebbero essere tre. Garantendo a chiunque una alternativa di pensionamento a loro spese se si considera il taglio di prestazione dal ricalcolo contributivo.
La quota 41 per tutti come nuova pensione si anzianità
Fino al 2012 esistevano quelle che venivano chiamate pensioni di anzianità. Si poteva andare in pensione con 40 anni di contributi versati a prescindere dall’età. La quota 41 per tutti di cui tanto si parla diventerebbe una via di mezzo tra le pensioni di anzianità prima citate e le nuove pensioni anticipate che si prendono con 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne e 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini. La misura quindi sarebbe una sorta di compromesso tra come si andava in pensione prima della riforma Fornero e come si va adesso con le pensioni distaccate da qualsiasi limite anagrafico. Tutte le nuove misure dovrebbero nascere con il calcolo contributivo. E questo le doterebbe della flessibilità in uscita tanto discussa. Sarebbe il lavoratore a scegliere se prendere una pensione contributiva più bassa uscendo con 41 anni di contributi versati oppure prendere una pensione mista e più alta arrivando ai 42 anni e 10 mesi degli uomini.
Quota 96 di nuovo in pista? difficile, ma ecco quota 97
Prima della riforma Fornero si andava in pensione con quota 96. La misura consentiva il pensionamento a quanti raggiungevano 60 anni di età con 35 anni di contributi versati e quota 96 completata. Oggi invece esiste la pensione con quota 103 che però costringe il lavoratore oltre ad arrivare almeno a 62 anni di età anche a maturare una carriera lunga almeno 41 anni di contributi. Per questo una ipotesi del tutto nuova che si vorrebbe utilizzare sarebbe quella di una sorta di quota 97. Si permetterebbe ai lavoratori di uscire dal lavoro a partire dai 60 anni di età con 37 anni di contributi versati. Anche in questo caso applicando il calcolo contributivo della prestazione. E noi aggiungeremmo, anche inserendo questa possibilità solo per chi svolge un lavoro pesante. Quindi per i lavori gravosi o per i lavori usuranti di oggi e con alcune altre categorie lavorative pesanti da aggiungere a quelle già oggi previste. Anche in questo caso sarebbe una via di compromesso tra la pensione con quota 96 di tanti anni fa e la pensione con quota 103 di oggi.
La pensione flessibile, si parte dai 65 anni
Parlando di 41 anni di contributi versati, oppure di 37 anni, si tagliano fuori però tutti i lavoratori discontinui, i precari e quelli incappati in lunghi periodi di disoccupazione che difficilmente maturano queste lunghe carriere. Ecco perché sempre contributiva potrebbe nascere una prestazione che consenta di andare in pensione a quanti, una volta arrivati a 65 anni di età con 20 anni di contributi, vogliono accettare una pensione più bassa pur di lasciare il lavoro. Sarebbe questa una soluzione di vera pensione flessibile che finirebbe con il garantire un trattamento previdenziale a chi magari a 65 anni ha presso un lavoro e non ne trovo un altro.