Una riforma a tutto tondo, partendo da quel punto cardine che le pensioni dovrebbero avere in un sistema contributivo e cioè la flessibilità. Questo ciò che potrebbe essere una riforma che parta da un anticipo ridotto della pensione partendo dalla base di una vecchia proposta dell’INPS e aggiungendo alcuni punti di cui tanto si parla adesso tra lavori logoranti ed altre problematiche. La vera riforma delle pensioni dovrebbe partire a 62 anni, con una formula che potrebbe essere davvero rivoluzionaria.
Ecco i problemi del sistema previdenziale che vanno superati
I problemi di cui si parla sempre per quanto riguarda le pensioni sono sempre gli stessi. Il primo è la riforma Fornero, che ha inasprito i requisiti per andare in pensione. Poi c’è il fatto che il sistema non è flessibile e che un lavoratore spesso non ha scelta e deve accettare di andare in pensione con una sola via in base alla sua carriera, alla sua età e a pochi altri fattori. Inoltre, il sistema non considera la pesantezza del lavoro, o almeno, lo considera solo per poche isolate misure. E non tiene in considerazione nemmeno il fatto che ci sono categorie di contribuenti, come i giovani e le donne, che non riescono a trovare carriere lunghe e durature. Soprattutto oggi con la grave crisi economica.
Problemi che una riforma delle pensioni dovrebbe risolvere tutti insieme. Ma varare una decina di misure idonee a risolvere singolarmente questi problemi, può essere considerato benissimo come un autentico miracolo. E allora meglio pensare ad una sola misura, che riesca a risolvere tutti questi problemi o a detonarne l’impatto.
Riforma pensione a 62 con questa via rivoluzionaria che piace molto
La nostra proposta parte da una idea che a suo tempo fu partorita dal Presidente dell’INPS Pasquale Tridico. Una misura flessibile divisa in due quote. La proposta di Tridico divideva di fatto la pensione in due quote, una contributiva e una retributiva.
A 62 anni il lavoratore che sceglie la pensione (ecco la flessibilità), prende solo la quota contributiva di pensione, ovvero quella calcolata con il penalizzante sistema introdotto dalla riforma delle pensioni di Lamberto Dini nel 1996. Bastano 20 anni di contributi e se al lavoratore la pensione tagliata basta, nulla vieterebbe allo stesso di sfruttarne il canale.
Donne, discontinui, usuranti e gravosi sotto tutela
Poi a 67 anni la sua pensione verrebbe ricalcolata con l’aggiunta di quella parte retributiva che non ha percepito per tutto l’anticipo di pensione sfruttato. Oltretutto, sconti in base ai figli avuti o in base al logorio che l’attività lavorativa svolta potrebbero essere una aggiunta a questa misura.
Per risolvere in un unico colpo il problema di chi per questioni di famiglia sacrifica carriera e lavoro o per chi svolge lavori talmente pesanti da non poter essere svolti oltre una determinata età. In questo caso potrebbe essere una soluzione limitare il taglio di assegno a 62 anni a chi si trova in quelle condizioni precedentemente indicate.