Nell’ultimo periodo non si fa altro che parlare di una riforma pensioni che accompagni i lavoratori nel superamento della quota 103 in scadenza il 31 dicembre 2023. Alla scadenza della misura, infatti, si tornerebbe ai requisiti rigidi imposti dalla riforma Fornero.
Le ipotesi che si stanno susseguendo sono molteplici: pensione a 62 anni, quota 41 e quota 92, solo per citarne alcune. Ma forse si sta forse perdendo di vista quello che dovrebbe essere il pensiero principale, soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo a causa della crisi economica, ovvero i diritti dei lavoratori di poter accedere alla pensione.
Riforma pensioni, la nostra proposta
Con la disoccupazione che non accenna a diminuire e con l’inflazione in aumento è necessario fornire ai lavoratori non più giovanissimi la possibilità di uscire in modo indolore dal mondo del lavoro. E non bastano le misure attualmente in vigore a dare queste garanzie.
Ma la soluzione più ovvia è sotto gli occhi di tutti anche se nessuno la sta prendendo in considerazione. Permettere ai lavoratori di uscire, indipendentemente dall’età, con i contributi in loro possesso garantendo una pensione pari a quella spettante dal calcolo dei contributi maturati ed in base al coefficiente di trasformazione riferito all’età.
Utopico? Troppo costoso? Ma neanche tanto. La pensione, come già avviene per opzione donna, potrebbe essere calcolata interamente con il sistema contributivo di modo che non abbia grosse ripercussioni sulle casse dello Stato, ed il coefficiente di trasformazione applicato sarebbe quello dell’età di accesso, a partire dai 56 anni.
Ferme restando le possibilità di pensionarsi con le misure attualmente in vigore, quindi, si darebbe la possibilità a coloro che perdono il lavoro di avere di che vivere senza dover per forza attendere il compimento dei 67 anni e senza per forza maturare i 20 anni di contributi.
Di fatto, quindi, un lavoratore che decidesse di accedere alla pensione a 56 anni con 15 anni di contributi potrebbe farlo, avendo, ovviamente un assegno calcolato solo sui contributi versati e senza diritto all’integrazione al trattamento minimo che, però, potrebbe scattare al compimento dei 67 anni. Con il sistema contributivo, di fatto, la pensione può essere molto più “democratica” e si potrebbe permettere al lavoratore stesso di decidere quanto e come accedere senza troppi vincoli e paletti ma con la consapevolezza che pochi anni di contributi porterebbero ad un assegno molto basso.
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