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Riforma pensioni 2021/2022: Ape sociale, opzione donna, quota 41 e flessibilità a 62 anni, le novità

Vediamo tutte le novità per il 2021 e per il 2022 in ambito riforma pensioni.

La riforma delle pensioni, come già detto più volte, porterà i primi cambiamenti già nel 2021 con le misure inserite nella Legge di Bilancio anche se, poi, la riforma più importante si attende per il 2022.

La riforma, infatti, dovrebbe portare all’introduzione di una misura flessibile che vada a sostituire la quota 100 in scadenza per evitare lo scalone di 5 anni che porterebbe.

Riforma pensioni 2021

Già nel 2021, quindi, vedremo le prime novità: proroga dell’Ape sociale e dell’opzione donna, proroga anche per l’isopensione che permette uno scivolo di 7 anni sia sulla pensione di vecchiaia che su quella anticipata.

Il 2021 porterà anche la scadenza della quota 100: anche se molti speravano in una possibile proroga della misura anche per gli anni successivi, la stessa è troppo onerosa per le casse dello stato e quindi, gli dovremo dire addio a partire dal 31 dicembre 2021.

Novità che dovrebbe portarci il 2021, anche un ampliamento della platea della quota 41 che dovrebbe comprendere tra i suoi beneficiari anche i lavoratori fragili, ovvero quelli maggiormente esposti in caso di contagio da Coronavirus.

La riforma in oggetto ha come scopo quello di permette ai lavoratori di scegliere il pensionamento anticipato tra diverse misure altrimenti la scelta si ridurrebbe solo tra pensione di vecchiaia e pensione anticipata ordinaria.

Visto che l’età pensionabile italiana è di molto superiore a quella richiesta negli altri Paesi UE, si rende necessario mettere a disposizione dei lavoratori una maggiore flessibiltià in uscita che con la scadenza della quota 100 verrebbe meno.

Riforma pensioni 2022

Per la parte più importante della riforma, quella che riguarda la nuova flessibilità in uscita, si dovrà attendere, però il 2022.

Sembra del tutto archiviata la possibilità di estendere a tutti la pensione quota 41 che resterà, di fatto, appannaggio dei soli lavoratori precoci anche se la platea dei beneficiari si dovrebbe allargare, come già anticipato, anche ai lavoratori fragili.

La flessibilità che sembrerebbe doversi concretizzare potrebbe essere a 62 o 63 anni con almeno 36 o 37 anni di contributi per usuranti e gravosi e di una quota 102 con 64 anni di età e 38 anni di contributi per la generalità dei lavoratori che di fatto trasformerebbe lo scalone di 5 anni provocato dalla scadenza di quota 100, in uno scalino di soli 2 anni.

A far discutere in ambito riforma sono le penalizzazioni che quasi inevitabilmente dovranno essere applicate alla nuova misura: c’è chi parla di un ricalcolo interamente contributivo dell’assegno è chi parla di penalizzazioni percentuali per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni richiesti per la pensione di vecchiaia.

In ogni caso penalizzazioni ci saranno e questo, probabilmente, scoraggerà molti dall’accedere alla quiescenza con la flessibilità che si sta studiano, lasciando di fatto come uniche possibilità senza penalizzazione le sole misure previste dalla Legge Fornero.