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Riforma pensioni 2021: flessibilità in uscita a 62 anni con taglio dell’assegno

Una delle ipotesi della prossima riforma pensioni è la flessibilità in uscita a 62 anni con penalizzazioni, vediamo di cosa si tratta.

La scadenza della quota 100 il 31 dicembre 2021 getta un pò nel caos la previdenza italiana. Con la scadenza della misura, infatti, si creerebbe uno scalone non indifferente per chi decide di pensionarsi dal 1 gennaio 2022, potendo utilizzare, di fatto, solo la Legge Fornero.

Per questo è necessario che venga introdotta, entro la fine del prossimo anno, una nuova misura che permetta flessibilità in uscita.

Riforma pensioni 2021 e flessibilità in uscita a 62 anni

Proprio per questo motivo nelle ultime settimane si rincorrono le ipotesi delle misure che potrebbero essere introdotte.

La riforma in questione dovrebbe rendere il sistema previdenziale italiano non solo più flessibile ma anche più equo e quello che si vuole evitare è un ritorno in toto alla rigidità imposta dalla Legge Fornero.

L’ide aè quella di inserire, entro la scadenza della quota 100, una flessibilità in uscita a 62 anni, proposta da tempo dall’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano. Secondo Damiano la flessibilità non dovrebbe essere sperimentale, come ad esempio la quota 100 a scadenza, ma strutturale permettendo, quindi, ai lavoratori di programmare, volendo, l’accesso alla pensione con qualche anno di anticipo.

Ovviamnte la flessibilità in uscita a 62 anni avrà un costo e sicuramente questo onere sarà posto sugli assegni previdenziali dei lavoratori con penalizzazioni e tagli sugli stessi che non facciano pesare interamente la riforma sulle casse dello Stato (già pesantemente in deficit).

La flessibilità a 62 anni, in ogni caso, in base ai rumors che stanno circolando, dovrebbe richiedere meno dei 38 anni attualmente richiesti per accedere alla quota 100 ma si parla di penalizzazioni percentuali in base agli anni di anticipo, come già accadeva fino al 2017 per chi accedeva alla pensione anticipata prima del compimento dei 62 anni (in quel caso si trattava di penalizzazioni che, poi, sparivano al compimento  dei 67 anni di età).

Per la flessibilità a 62 , in ogni caso, si sta parlando di penalizzazioni che dovrebbero aggirarsi sul 3% per ogni anno di anticipo e che, quindi, non dovrebbero colpire il pensionato con tagli superiori al 15%.