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Riforma pensioni 2023 e le esodate da Opzione donna

Con la riforma pensioni 2023 quasi 20.000 sono state le lavoratrici che si son viste negare il pensionamento per le modifiche ad opzione donna.

Con la Legge di Bilancio 2023 sono moltissime le lavoratrici che sono rimaste fregate dalla proproga della pensione opzione donna. Tutte, in base a quando promesso in campagna elettorale, si aspettavano una proroga della misura con gli stessi requisiti.

Il Governo, infatti, aveva annunciato una proroga sia dell’Ape sociale che dell’Opzione donna. Ci sono state entrambe, ma mentre per l’Ape sociale non ci sono stati ritocchi, l’Opzione donna è stata quasi del tutto stravolta rispetto al 2022.

Le esodate dall’Opzione donna

Con al quasi certezza, quindi, di una proroga secca dell’opzione donna con requisiti invariati, moltissime donne che hanno maturato gli stessi nel 2022 ero sicure di poter andare in pensione nel 2023.

Ma così non è visto che la proroga della misura permette il pensionamento solo di una manciata di lavoratrici e non sempre a 58 anni. Il pensionamento a 58 anni è garantito solo alle disoccupate mentre per caregiver e invalide l’accesso al pensionamento a questa età è subordinato all’aver avuto almeno 2 figli altrimenti slitta a 59 o 60 anni.

Quello che bisognava valutare prima di modificare così radicalmente l’opzione donna prima di effettuare una riforma pensioni che andasse in qualche modo a tutelare il pensionamento delle lavoratrici, è che esercitare l’opzione del regime in parola ha un costo.

E se una donna, una lavoratrice sceglie questa via per il pensionamento accontentandosi di una pensione che, in alcuni casi, risulta ridotta all’osso, forse è perchè non ha altre alternative. Familiari da assistere, problemi di salute, condizioni di lavoro inaccettabile, perdita del lavoro autonomo o chissà quale altra motivazione che il Governo, nella modifica, non ha messo in conto.

Ed ora sono circa 20.000 le donne che si sono viste negare la possibilità di un pensionamento quest’anno con una misura che sul lungo periodo non avrebbe inciso sulle casse dello Stato. Magari il costo ci sarebbe stato per i primi anni, questo è vero, ma il vero costo dell’opzione donna lo paga la lavoratrice con il taglio sulla propria pensione.

Si spera, quindi, che il Governo possa tornare sui propri passi e rendere per il 2023 l’accesso possibile alle stesse condizioni del 2022, in attesa di una riforma pensioni che tenga conto dei problemi che le donne devono affrontare non solo nel corso della propria vita lavorativa. Ma anche nel momento del pensionamento.