Pensione 7 anni prima, si parte con i 60 anni, ecco i nuovi beneficiari dell'isopensione per quanto concerne la TIM. Pensione 7 anni prima, si parte con i 60 anni, ecco i nuovi beneficiari dell'isopensione per quanto concerne la TIM.

Riforma pensioni 2023 per 2024, si farà, ma come?

Una riforma pensioni 2023 per 2024 che serva a superare la Legge Fornero. Ma come? Con quali misure ponte per arrivare alla Quota 41 secca?

Il Governo punta ad una riforma pensioni 2023 per il 2024 che sia condivisa con le parti sociali. E questo dopo le polemiche suscitate dalla proroga dell’opzione donna con le pesanti modifiche apportate. Quello che si vuole è arrivare alla scadenza della quota 103 senza troppi scossoni. Garantendo uscite graduali che, con il tempo, portino al superamento della Legge Fornero.

L’obiettivo finale sempre essere la quota 41 secca, cavallo di battaglia della Lega ma largamente voluta anche dalle parti sociali. Una pensione che permetta di uscire, indipendentemente dall’età, al raggiungimento dei 41 anni di contributi.

Riforma pensioni 2023 per 2024

I sindacati la vorrebbero così, secca e che vada a prendere il posto dell’attuale pensione anticipata. Il Governo per ora tentenna almeno sui limiti alle categorie proponendo timidamente che venga aperta solo ai gravosi in un primo momento.

Intanto quella che si sperimenterà nel 2023 sarà una sorta di quota 41 ibrida (la quota 103), ovvero 41 anni di contributi per tutti ma con limite di età. Che come tutti ben sappiamo è stato fissato a 62 anni. Invariata la quota 41 precoci a cui si continuerà ad accedere indipendentemente dall’età ma solo con 12 mesi di contributi versati prima dei 19 anni. E solo per gli appartenente alle categorie tutelate.

La proposta della pensione a 64 anni

Non è stata del tutto abbandonata l’ipotesi di allargare la pensione a 64 anni che oggi possono godere i contributivi puri con 20 anni di contributi. E  con un assegno di almeno 2,8 vlte l’assegno sociale INPS.

Estenderla a tutti significherebbe trovare un compromesso che potrebbe essere di innalzare i contributi richiesti a 36 anni (si tornerebbe a una sorta di quota 100) eliminando il limite dell’importo dell’assegno. Oppure prevedere penalizzazioni con deroghe per i soggetti più fragili.