I sindacati continuano a chiedere l’uscita a 62 anni o la pensione Quota 41 per tutti senza penalizzazioni. E a tal proposito è intervenuto, con una analisi abbastanza lucida il professor Giuliano Cazzola su Start Magazine.
Per il Professore le proposte dei sindacati non sono al passo con i tempi e non tengono conto della sostenibilità del sistema previdenziale. E i tavoli di incontro in cui il Governo e le parti sociali parla non pensione si concludono sempre con un nulla di fatto proprio per questo. Le risposte del Governo sono vaghe e non soddisfano i sindacati. E forse il Governo non ha il coraggio di palesare questa cosa.
62 anni di età o 41 anni di contributi, uscite non applicabili
Cazzola afferma che nessun Governo di buon senso prenderebbe in considerazione l’ipotesi di applicare un’uscita a 62 anni di età o con 41 anni di contributi senza penalizzazioni. Ma perchè?
“Nessuno governo con la testa sulle spalle è in grado di condividere, a fronte degli scenari demografici che si intravvedono, le proposte che avanzano i sindacati per il pensionamento: 62 anni di età con 20 di versamenti contributivi oppure 41 anni di anzianità di servizio a prescindere dall’età anagrafica” afferma Cazzola.
Ma su cosa punto la stabilità del nostro sistema previdenziale? Su 4 punti distinti ovvero:
- l’età di pensionamento;
- l’invecchiamento attivo dei lavoratori per far permanere più a lungo i lavoratori in attività;
- la prevenzione (vecchiaia in buona salute);
- le politiche attive del lavoro.
Per fare tutto questo è necessario tenere sempre sotto controllo il rapporto tra lavoratori attivi e pensionati e cambiare rotta. Ed il Governo, nonostante le promesse elettorali, sta cercando di cambiare il sistema previdenziale cercando di mantenere le promesse ma senza fare troppi danni.
Cazzola critica la quota 103 e analizza: “Cito i dati del governo: per anticipare di qualche mese il pensionamento di 41mila lavoratori (quasi tutti maschi per le ragioni già dette) si è massacrata Opzione donna (da 20mila a meno di 3mila) e si è ridotta, per due anni, la perequazione automatica all’inflazione (nel momento in cui è in crescita) a 3,3 milioni di pensionati. E adesso?“