Il Trattamento di Fine Rapporto è un accantonamento mensile che ogni lavoratore dipendente destina come fosse un salvadanaio, per la fine del rapporto di lavoro. Infatti di norma ciò che viene accantonato viene liquidato al lavoratore al termine del rapporto di lavoro con un determinato datore di lavoro.
Salvo casi di richieste di anticipo del TFR, che sono assolutamente possibili anche se limitati da regole specifiche ed a volte stringenti. Oggi che sulle pensioni vige il sistema contributivo, possiamo dire che anche in questo caso il lavoratore destina ogni mese qualcosa. Ma stavolta per la pensione futura e non per la fine del rapporto di lavoro. Cosa c’entrano Trattamento di Fine Rapporto e pensioni insieme? Nulla al momento, ma in base ad una ipotesi di nuova misura per una ipotetica riforma delle pensioni, il collegamento diventerebbe diretto.
Perché dal governo Meloni pare pensino di rendere obbligatoria la destinazione di una parte del TFR di un lavoratore, alla pensione futura. Ma non alla previdenza obbligatoria, cioè all’INPS. Bensì alla previdenza integrativa, quella dei fondi pensione.
Riforma pensioni 2025: Obbligo TFR ai fondi complementari, cosa cambia davvero?
Tra le tante misure allo studio, c’è l’assoluta novità che tira dentro il TFR, lo collega alle pensioni e ai fondi pensione integrativi. Pare infatti che dietro proposta della maggioranza il governo stia valutando una ipotesi per certi versi rivoluzionaria.
Per consentire ai lavoratori di arrivare a percepire trattamenti pensionistici più dignitosi ed alti quando sarà il momento della pensione, e per consentire pensionamenti anticipati per il tramite della previdenza complementare, ecco una novità che potrebbe entrare nella legge di Bilancio. In pratica, il 25% del TFR di un lavoratore sarebbe da destinare in misura obbligatoria ad un fondo di previdenza complementare.
Chi verrebbe obbligato a lasciare una parte del TFR alla pensione futura
Un obbligo che riguarderebbe sicuramente i nuovi assunti, cioè quelli che verranno assunti in una qualsiasi azienda a partire dalla data di entrata in vigore della novità. Ma che finirebbe con il riguardare anche i vecchi assunti.
A cui però verrebbe concessa la facoltà di dire di no alla novità. Ma nel caso di mancata manifestazione di diniego, come si dice in questi casi, il lavoratore per il principio del silenzio assenso (chi tace acconsente), si vedrebbe applicata la novità.
E così una parte del proprio TFR anziché aspettare la fine del rapporto di lavoro o alcune esigenze che possono portare all’anticipazione della liquidazione, finirebbe con l’essere sfruttata solo al momento del pensionamento.
Pensione in anticipo oltre che più alta, ecco i vantaggi della novità allo studio
A dire il vero oltre che andare a rendere più elevate pensioni che per il futuro rischiano di diventare sempre più misere, e parliamo di previdenza obbligatoria, la novità secondo i proponenti finirebbe con il permettere anche delle anticipazioni.
Pare infatti che qualcuno ipotizza di permettere un pensionamento almeno 2 anni prima grazie ai fondi pensione per tutti gli iscritti. Che, dal momento dell’entrata in vigore di questa novità del TFR, diventerebbero molti di più rispetto ad oggi. Un pò quello che già oggi viene concesso con la RITA. Infatti con la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, oggi ci sono lavoratori che possono godere di 5 o 10 anni di anticipo nella liquidazione del trattamento da previdenza integrativa.
Ma è una misura che riguarda solo gli inoccupati, con un anticipo che è tanto maggiore quanti più sono i mesi di inoccupazione (l’anticipo di 10 anni a 57 anni infatti è per chi ha almeno 24 mesi di inoccupazione).
Polemiche e rischi sul TFR da destinare alla pensione
Sull’obbligo di destinare il 25% del TFR ai fondi alternativi le polemiche sono state subito molte. Perché in primo luogo chi sottolinea che una misura del genere potrebbe essere incostituzionale (per esempio Alberto Brambilla, noto esperto previdenziale e Presidente del Centro Studi itinerari Previdenziali).
Perché verrebbe meno per un lavoratore la facoltà di fare ciò che vuole con il proprio TFR. Ma anche perché il fondo a cui destinare il TFR resterebbe a scelta del lavoratore. E non tutti hanno la competenza in materia per scegliere il giusto fondo. Con il rischio di finire con l’essere seriamente penalizzati sul proprio Trattamento di Fine Rapporto.