Il governo è al lavoro per la tanto attesa riforma delle pensioni. Riformare il sistema previdenziale italiano è sempre prioritario anche se può sembrare che non se ne parla più con insistenza. Invece man mano che passano le settimane diventano sempre più calde le piste che portano a nuove misure e nuovi strumenti previdenziali. Tutto ciò con l’obiettivo principe di superare una volta per tutte la tanto discussa legge Fornero. E allora ecco che sulla riforma pensioni 2025 le piste calde restano sostanzialmente tre.
Riforma pensioni 2025: tre strade percorribili, ecco le misure
La prima strada che sembra percorribile è la quota 41 per tutti. Via i vincoli di oggi della quota 41 per i precoci. Stop alle limitazioni di platea che consentono il pensionamento solo a disabili, caregivers, disoccupati e addetti ai lavori gravosi. E stop pure al vincolo dei 12 mesi di contributi accumulati già prima di aver compiuto i 19 anni di età. La quota 41 diventerebbe quindi per tutti i lavoratori. Ma solo se la misura diventa contributiva, nel senso che la prestazione verrebbe calcolata con quel penalizzante metodo basato sui contributi versati e non sulle ultime retribuzioni. La via per rendere sostenibile il varo di questa misura prevede quindi il baratto dell’uscita anticipata con il taglio della prestazione.
La solita strada della conferma di misure in via di cessazione
Una via senza dubbio più sostenibile per le casse dello Stato sarebbe la semplice conferma della quota 103. La misura che scade alla fine del 2024 verrebbe quindi semplicemente prorogata di un anno. Parlare di riforma delle pensioni con la sola proroga di quota 103 però non è certo una cosa fattibile. Però è anche vero che le casse statali non sono floride. E soprattutto le condizioni finanziarie dell’INPS non sono buone. Anche perché, statistiche alla mano, pare che nel 2023 siano aumentati i pensionati. Ecco che i tecnici del MEF pensano che sia più semplice prevedere la conferma di un altro anno per la quota 103 rispetto al varo di quota 41 per tutti.
Le misure per quotisti, si prosegue con l’inasprimento
La quota 103 ha limiti di importo perché non può superare 4 volte il trattamento minimo. Prevede il ricalcolo contributivo della prestazione proprio come si accinge a fare l’esecutivo quando pensa alla quota 41 per tutti. Tagli di assegno quindi. Peggio ancora se invece si dà forza alla terza via, quella di quota 104. Infatti si pensa a ritoccare la quota 103, inasprendo l’età pensionabile che salirebbe dai 62 ai 63 anni. Lasciando intatto il requisito contributivo dei 41 anni. Si proseguirebbe nel trend che da anni ormai i legislatori hanno preso. Perché come tutti ricorderanno, si è arrivati a quota 103 partendo da quota 100 e poi da quota 102. Con l’età che nasceva a partire dai 62 anni, per poi passare a 64 e tornare indietro a 62. Mentre per i contributi si passò da 38 per le prime due misure ai 41 di questa in vigore oggi.