La riforma delle pensioni è uno dei temi più caldi dell’agenda politica del 2025. Dopo mesi di dibattito, a che punto siamo davvero? Il tempo stringe: la Legge Fornero, che dal 2012 regola l’accesso alla pensione con criteri rigidi e poco flessibili, è destinata a restare in vigore anche nel 2026 se non verranno trovate alternative sostenibili e condivise. Ma qualcosa si muove.
Perché serve una nuova riforma pensioni?
L’attuale sistema pensionistico prevede un’uscita dal lavoro a 67 anni di età con almeno 20 anni di contributi, oppure 42 anni e 10 mesi (41 e 10 per le donne) a prescindere dall’età. Troppo? Secondo i sindacati, opposizione e parte della maggioranza sì. Le critiche più ricorrenti puntano il dito contro l’eccessiva rigidità dei requisiti per accedere alla quiescenza e anche alla mancanza di flessibilità per alcune categorie di lavoratori (donne, usuranti e gravosi). Un’altra criticità è rappresentata dalle troppe penalizzazioni che il sistema previdenziale prevede per chi ha iniziato a lavorare tardi o ha avuto carriere discontinue.
Le proposte sul tavolo
Il Ministero del Lavoro guidato da Marina Calderone sta valutando diverse ipotesi. Tra le più accreditate:
- quota 41 per tutti: pensionamento con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età. Ma il nodo resta la copertura economica, che supererebbe i 5 miliardi di euro l’anno;
- pensione flessibile dai 63 anni con penalizzazioni progressive sull’assegno (tra il 2% e il 3% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67);
- nuove forme di APE sociale o volontaria, da rilanciare con agevolazioni e accesso allargato;
- rivalutazione delle pensioni minime e incentivi per chi posticipa l’uscita.
Perché la Fornero è così difficile da superare?
La verità è che la Legge Fornero continua a reggere perché, seppur criticata, garantisce sostenibilità finanziaria al sistema previdenziale. Ogni forma di flessibilità anticipata ha un costo che grava sui conti pubblici, già messi alla prova da debito e spesa sociale.
Il governo vuole evitare riforme “spot” e punta a una soluzione strutturale, da definire nel Def 2025 e poi nella Legge di Bilancio 2026. Ma le pressioni sociali aumentano, soprattutto dopo anni di inflazione e perdita del potere d’acquisto.
E se esistesse una riforma ideale?
In uno scenario ideale, una buona riforma dovrebbe offrire, innanzitutto flessibilità in uscita già al compimento dei 62 con penalità e premi calibrati. Si dovrebbe procedere, poi a:
- valorizzare i contributi effettivi e figurativi;
- sostenere i lavoratori fragili e le donne (che spesso hanno carriere discontinue);
- garantire sostenibilità a lungo termine, anche con correttivi automatici legati all’aspettativa di vita.
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi?
Il confronto tra governo, sindacati e Inps riprenderà subito dopo le elezioni europee dell’8 e 9 giugno 2025. Calderone ha già fatto sapere che il tema pensioni entrerà nel vivo del Def autunnale, con l’obiettivo di varare un nuovo meccanismo dal 1° gennaio 2026.
Intanto, il consiglio per chi è vicino all’età pensionabile è quello di verificare la propria posizione contributiva e valutare strumenti come il riscatto agevolato, l’Ape o i contributi volontari.