La riforma delle pensioni 2026 (semmai ci sarà il prossimo anno e non si rimanderà di nuovo il tutto all’anno successivo) si preannuncia come uno dei capitoli più caldi dell’agenda politica. Con l’attuale governo che guarda alla ministra del Lavoro Marina Calderone per un nuovo modello di uscita dal lavoro, torna al centro il grande interrogativo: la Legge Fornero sarà finalmente superata?
A distanza di oltre dieci anni dalla sua introduzione, quella riforma, nata in un contesto di emergenza, continua a influenzare le carriere e i progetti di vita di milioni di italiani. Ma cosa potrebbe cambiare? E quali sono le idee sul tavolo per rendere il sistema più flessibile, equo e sostenibile?
Le rigidità della Legge Fornero
Approvata nel 2011, la Legge Fornero ha modificato l’età pensionabile e le regole di accesso alla pensione di vecchiaia e anticipata. Il suo obiettivo era chiaro: garantire la sostenibilità economica del sistema previdenziale italiano, messo a dura prova dalla crisi del debito.
Ma a quale prezzo? La riforma ha imposto l’uscita dal lavoro a 67 anni per la pensione di vecchiaia, con almeno 20 anni di contributi, e ha introdotto meccanismi di adeguamento automatico all’aspettativa di vita. Inoltre, ha abolito molte forme di pensionamento anticipato, imponendo paletti che hanno colpito in modo particolare i lavoratori con carriere discontinue o gravose.
Una delle critiche più forti è proprio questa: la Fornero ha creato un sistema troppo rigido e poco inclusivo, penalizzando soprattutto chi ha iniziato a lavorare presto o ha versato contributi in modo irregolare.
Cosa propone la riforma pensione Calderone
La ministra Calderone ha più volte dichiarato l’intenzione di superare le rigidità attuali, introducendo forme di flessibilità in uscita. L’obiettivo è consentire il pensionamento anticipato per chi ha versato un certo numero di anni di contributi, senza per forza attendere l’età anagrafica prevista dalla Fornero.
Tra le ipotesi più concrete al vaglio, si parla (ma non sempre da parte del governo, in alcuni casi le proposte vengono da esperti previdenziali e da esponenti politici) di una Quota 41 secca, cioè l’uscita a qualsiasi età con 41 anni di contributi, ma anche di soluzioni ibride come la Quota 92 (con 63 anni di età e 29 di contributi), o il ritorno dell’APE volontario, una misura che permetterebbe l’uscita anticipata tramite un prestito-ponte con garanzia dello Stato.
Altro punto chiave: una maggiore tutela per i lavori usuranti e gravosi, con una lista ampliata e requisiti più accessibili.
Perché è così difficile abolire la Fornero
Il vero nodo è la sostenibilità economica. La Legge Fornero, pur contestata, ha garantito un risparmio importante per i conti pubblici. Ogni ipotesi di superamento comporta un costo: anticipare il pensionamento significa più uscite per l’INPS e meno entrate contributive.
L’Italia è uno dei Paesi più longevi al mondo e questo implica un numero crescente di pensionati e una platea di lavoratori attivi che si restringe, mettendo in discussione il principio stesso del sistema a ripartizione.
In un mondo ideale, una riforma delle pensioni dovrebbe essere flessibile, equa e sostenibile. Dovrebbe permettere ai lavoratori di scegliere quando andare in pensione, in base alla propria storia contributiva, al tipo di lavoro svolto e alla propria aspettativa di vita.
Un modello ideale potrebbe prevedere:
- accesso anticipato con penalizzazioni sostenibili, ad esempio 62 anni con un taglio del 3-4% annuo sull’assegno;
- maggiore valorizzazione dei contributi versati in età giovanile, con strumenti per il riscatto gratuito degli anni di studio o dei contributi figurativi;
- tutele per le donne, spesso penalizzate da carriere discontinue legate alla maternità;
- sistemi premianti per chi lavora oltre l’età minima, con incentivi fiscali o maggiorazioni sull’assegno.
La sfida del 2026
Il governo, nel 2026, dovrà trovare un equilibrio e anche se l’obiettivo dichiarato è superare la Fornero, questo deve avvenire senza mettere a rischio i conti pubblici. Per farlo, serviranno coraggio, visione e concertazione con le parti sociali.
I prossimi mesi saranno decisivi. Intanto, milioni di lavoratori guardano con attenzione alle scelte della ministra Calderone, sperando che il futuro non riservi solo promesse, ma una vera svolta per il diritto alla pensione.