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Riforma pensioni con uscita a 63 anni per tutti, l’ipotesi

In un periodo di incertezza sul futuro del sistema previdenziale, tra ipotesi di Quota 92, pensione contributiva e flessibilità in uscita, un lettore rilancia un’idea concreta: perché non tornare all’APE volontario?
Una misura già esistente, collaudata e, dettaglio non da poco, a costo zero per lo Stato. Ma allora, perché è stata lasciata cadere nel dimenticatoio?

Cos’è l’APE volontario e come funzionava

L’Anticipo Pensionistico Volontario è stato un meccanismo introdotto in via sperimentale dal 2017 al 2019. Permetteva ai lavoratori con almeno 63 anni di età e 20 anni di contributi di lasciare il lavoro prima del previsto, senza gravare sulle casse pubbliche. Il lavoratore riceveva una sorta di “prestito ponte” erogato da banche e assicurazioni, da restituire in 20 anni a partire dalla pensione di vecchiaia.

A sostegno dell’operazione, era prevista una detrazione fiscale del 50% degli interessi e del premio assicurativo (obbligatorio per la garanzia in caso di morte del pensionato). In sintesi, l’onere era condiviso tra cittadino e sistema bancario-assicurativo, mentre lo Stato non spendeva un euro.

Nonostante i numerosi vantaggi in termini di flessibilità e sostenibilità, la misura non è stata prorogata dopo il 2019, lasciando spazio ad altre misure come la quota 100 e le successive proroghe.

Perché potrebbe essere utile oggi

In un contesto in cui si discute di riforme strutturali per superare le quote temporanee (Quota 100, 102, 103…), l’APE volontario potrebbe rappresentare una valida alternativa flessibile, personalizzabile e con un impatto minimo sui conti pubblici.

Chi desidera lasciare il lavoro prima dei 67 anni, ma non rientra in categorie protette o con carriere lunghe, oggi non ha molte opzioni. Ripristinare l’APE volontario significherebbe restituire libertà di scelta a molti lavoratori in difficoltà, in particolare nei settori più usuranti.

Riforma pensioni con l’Ape volontario?

Il principale motivo del mancato rinnovo sembra essere la scarsa adesione iniziale, legata soprattutto alla complessità della procedura e alla mancanza di comunicazione istituzionale. Molti potenziali beneficiari non conoscevano nemmeno l’esistenza dello strumento. Inoltre, il timore di indebitarsi con un prestito ventennale ha frenato le adesioni, nonostante le tutele previste.

Tuttavia, con una nuova campagna informativa e una semplificazione burocratica, oggi l’APE volontario potrebbe tornare in una veste più moderna e accessibile.

Ripartire dall’APE volontario significherebbe creare un’opzione pensionistica flessibile, adattabile alle esigenze dei singoli, senza scaricare costi sulla fiscalità generale.
Una proposta che trova consensi tra lavoratori prossimi alla pensione e potrebbe contribuire a sbloccare l’attuale stallo politico sulle riforme previdenziali.

Dopotutto, se il sistema funziona e non pesa sul bilancio pubblico, perché non rimetterlo in campo?