Il sistema pensioni italiano è un sistema che ancora oggi si regge su l’ultima grande riforma portata a compimento, quella che manco a dirlo porta il nome del Ministro del Lavoro di allora, la Professoressa Elsa Fornero. Un riforma lacrime e sangue come fu battezzata che sulle pensioni spostò in avanti e di molto i requisiti di accesso. E da anni, si cerca di smontare questa riforma Fornero che così tanti scontenti ha lasciato.
Ma le misure che sono state istituite via via negli anni, hanno solo addolcito la pillola, senza mai arrivare davvero a superare la legge Fornero. Però adesso i tempi potrebbero essere maturi.
Perché con un sistema che sta diventando per davvero tutto contributivo, non ci dovrebbero essere problemi di cassa nel consentire a dei lavoratori di accedere alla pensione prima, superando i rigidi meccanismi dell’attuale legge.
Riforma pensioni, da 10 anni si cerca di cancellare la Fornero, ecco la soluzione
Oggi si va in pensione anticipata con 42,10 anni di contributi. La pensione di vecchiaia invece è salita a 67 anni. Per soggetti più giovani, che non hanno 67 anni di età anche se hanno 20 anni di contributi, non c’è pensione. E sopra i 60 anni lo Stato considera questi soggetti non attivabili al lavoro.
Lo dimostra il loro inserimento nel perimetro di applicazione dell’Assegno di Inclusione, ex Reddito di Cittadinanza. In pratica, ok al sussidio, perché non è facile trovare lavoro a 60 anni, ma niente pensione, nonostante il requisito contributivo minimo sia stato raggiunto. Prima quota 41 per i precoci, poi l’Ape sociale affiancato all’Ape volontario che prevedeva addirittura un prestito bancario per andare in pensione. Sono iniziate così le stagioni delle misure tampone atte a detonare i rigidi requisiti delle pensioni previste dal regime Fornero.
Misure che servivano solo ad alcune particolari categorie, come i lavori gravosi, gli invalidi, i disoccupati e i caregivers. Poi si è passati a misure più neutre da limitazioni di platea, come la quota 100, la quota 102 o la quota 103. Ma sono misure temporanee, nate a durata limitata. Tanto è vero che le prime due sono già scadute, mentre la quota 103 scade a fine 2024.
Pensioni contributive ma flessibili, ecco come
Misure che sicuramente non hanno contribuito a raggiungere l’obiettivo del superamento della riforma Fornero. Se c’è una misura che secondo i legislatori è ideale per essere appetibile dai contribuenti e ideale per gravare poco sulle casse dello Stato, questa misura è opzione donna. Altrimenti non si capisce perché sia stata confermata per anni (anche se dal 2023 è stata ridotta come platea e vincolata a requisiti più stringenti). Le misure calcolate con il sistema contributivo notoriamente producono due risultati.
Per i pensionati tagliano la pensione percepita, ma solo per chi aveva diritto al calcolo misto della prestazione, perché per chi invece ha iniziato a lavorare dopo il 1995, non cambia niente. Per lo Stato producono pensioni che gravano sulle sue casse nell’immediato, ma nel medio lungo termine producono risparmi.
Ecco perché varare una misura che consente a tutti e non solo alle donne, di andare in pensione con una certa flessibilità, potrebbe essere il modo giusto per superare davvero la riforma Fornero. Lasciando ai lavoratori la libera scelta di andare in pensione subito con assegno più basso, o lavorare ancora ed aspettare di rientrare nei requisiti della riforma Fornero.
Ecco la soluzione anti riforma Fornero e come funzionerebbe
Pensione flessibile è anche questa. Soprattutto perché non esiste sistema basato sui contributi versati, che non abbia nella flessibilità un principio basilare. Se un lavoratore prende la pensione in base a ciò che versa, perché impedire a chi decide di prendere una pensione più bassa, di farlo visto che i contributi li ha versati lui?
A minare questa possibile soluzione il fatto che man mano che passano gli anni sono sempre meno i lavoratori che hanno iniziato a versare prima del 1996 ed oggi non sono già in pensione. Presto tutti i lavoratori saranno dei contributivi puri. E così viene meno il risparmio dello Stato nel concedere la pensione anticipata contributiva anziché retributiva.
Perché a prescindere da tutto chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995, non ha da scegliere nulla sulle regole di calcolo della pensione che sono esclusivamente ed oggettivamente quelle del sistema contributivo. Ma come detto, meno si versa meno si prende di pensione. Ed un lavoratore dovrebbe essere lasciato libero di prendere la pensione che vuole.