I prossimi due mesi saranno cruciali per la riforma pensioni. Tempo fino a dicembre, infatti, prima che la quota 100 scada e si dovrà tornare bruscamente alla legge Fornero con uno scalone di 5 anni sia sul requisito anagrafico che su quello contributivo.
Il ministro dell’Economia Daniele Franco però ha confermato che la questione pensione sarà affrontata nella legge di Bilancio anche se nella Nadef sono state indicate, in una lista, le eventuali risorse da utilizzare. Il ministro, però ci tiene a sottolineare che quella della Nadef non è una lista esaustiva e che tutto si giocherà nella legge di Bilancio.
Riforma pensioni: i sindacati
Ai sindacati, infatti, non basta la promessa del governo di rafforzare ed ampliare la quota 100, non sembra essere sufficiente. E di fatto, quindi, quello che vogliono i sindacatgi è quello che ribadiscono da mesi: flessibilità a 62 anni di età o, in alternativa quota 41 per tutti.
Di contro, però, il governo deve fare i conti anche con l’UE che sembra non volerne sapere di allargare le maglie delle lagge Fornero, che proprio dai 1 gennaio 2022 sarebbe l’unico mezzo per lasciare il lavoro.
Le organizzazioni dei lavoratori chiedono garanzie a Franco per capire cosa accadrà alla scadenza della quota 100 e per capire se sarà permesso di valorizzare anche i periodi non coperti da contribuzione come quelli di inoccupazione o di formazione.
Chiedere è lecito, ovviamente, e organizzazioni di lavoratori e sindacati lo fanno, ma per finanziare le misure occorrono fondi che, attualamente le casse dello Stato non ha e proprio per questo i margini di trattativa sono abbastanza ristretti.
RIcordiamo che per finanziare la quota 100, che ha permesso fino alla metà del 2021, l’uscita di 341mila lavoratori, sono stati utilizzati più di 18 miliardi di euro e per l’APe sociale, che in 5 anni ha permesso poco più di 127mila pensionamenti sono stati utilizzati circa 5 miliardi.
L’anticipo pensionistico quindi, ha un costo elevato per le casse dello Stato. Proprio per questo motivo il rischio che si corre è che l’anticipo, viste le pressioni, sarà messo in pratica ma il costo dello stesso potrebbe gravare interamente sulle spalle dei lavoratori che si vedranno drasticamente ridurre l’assegno previdenziale in caso di uscita prima dei 67 anni.