Si parla di riforma pensioni ed inevitabilmente quest’ultima è associata alle coperture e ai costi maggiori che le misure comporterebbero per le casse dello Stato.
E proprio per questo motivo si ipotizza che qualsiasi nuova misura che permetta l’anticipo pensionistico possa contenere una penalizzazione. Si pensi, ad esempio alla nuova quota 103. Non prevede penalizzazioni vere e proprie, questo è vero. Ma c’è anche da dire che riguardo una platea di beneficiari abbastanza ristretta.
In ogni caso, però il Governo si è tutelato fissando un tetto massimo all’assegno erogabile che non potrà essere più alto di 2.800 euro lordo. Ovvero 4 volte il trattamento minimo INPS. Per chi avrà diritto ad una pensione lorda più alta dovrà attendere il compimento dei 67 anni per averla intera.
Anche questa è una penalizzazione, non riguarda tutti, ma una parte dei beneficiari della quota 103 si vedrà erogare, per 5 anni, un assegno “tagliato”.
Le penalizzazioni anche a 67 anni?
Proprio per questo è ipotizzabile che qualsiasi misura verrà inserita dalla nuova riforma per la flessibilità in uscita dovrà per forza prevedere penalizzazioni. Siano esse percentuali in base agli anni di anticipo o derivino da un ricalcolo completamente contributivo della pensione.
Ma quello che molti si stanno chiedendo è se le penalizzazioni o il possibile ricalcolo interamente contributivo potrà colpire anche la pensione a 67 anni. La risposta in questo caso dipende. Se il lavoratore ha versato tutti i suoi contributi a partire dal 1996 avrà applicato a prescindere il calcolo interamente contributivo.
Ma se il lavoratore ricade nel sistema di calcolo misto difficilmente la pensione di vecchiaia potrà essere penalizzata. Il sistema retributivo, infatti, di anno in anno, impatta sempre meno nel calcolo della pensione e arriverà un momento, a circa metà degli anni 30 del 2000, che sparirà del tutto, quando gli ultimi lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima del 1996 saranno andati in pensione.
Proprio per questo motivo sembra non avere senso andare a penalizzare le pensioni di vecchiaia, ovvero quelle di quei lavoratori che lavorano fino al termine ultimo dell’età ordinamentale.