Il tavolo sulle pensioni tra le parti sociali e il governo è ormai aperto per trovare una soluzione di comune accordo che possa evitare lo scalone di fine anno. Senza di essa, dal 31 dicembre 2021 in poi, rientrerebbe in gioco la riforma Fornero, quindi l’incubo di accedere al trattamento pensionistico a 67 anni.
Le ipotesi in campo sono diverse, i sindacati vorrebbero abbandonare il sistema delle quote. In particolare, propongono la pensione a 62 anni a cui accedere anche in assenza del requisito contributivo. Sul piatto c’è anche la possibilità di fruire di un trattamento previdenziale con 41 anni di contribuzione, a prescindere dall’età anagrafica. Inoltre, il segretario della Cgil Maurizio Landini, valuta l’ipotesi di una pensione di garanzia per i giovani.
Riforma pensioni: 62 anni d’età o 41 anni di contributi
La via maestra che vogliono intraprendere i sindacati per evitare lo scalone della Legge Fornero, è quella anticipata poc’anzi. Le quote vengono rimpiazzate da una formula che prevede di andare in pensione al raggiungimento di uno solo dei due requisiti (età anagrafica e anni di contribuzione).
In linea con il pensiero di Maurizio Landini, anche il nuovo segretario della Cisl Luigi Sbarra. L’obiettivo è di non andare incontro a penalizzazioni sulla parte retributiva della pensione, così come sembrano andare, invece, alcune recenti proposte di legge. La prospettiva sindacale è di collocare una pensione contributiva di garanzia che prenda in considerazione i periodi lavorativi e quelli di formazione, di cura e di disoccupazione involontaria. Si tratta di un aiuto per i lavoratori discontinui, affinché possano ottenere una pensione dignitosa.
L’ipotesi pensione del presidente dell’INPS e Quota mamma
Alla luce delle intenzioni dei sindacati, l’idea di introdurre Quota 102 che prevede di andare in pensione con 64 anni d’età e 38 anni di contributi, potrebbe essere accantonata, nonostante sembrava essere l’ipotesi più probabile. Diventa percorribile la strada indicata dal presidente dell’INPS Pasquale Tridico, quella di dividere la pensione in due quote: retributiva e contributiva.
Per esempio, si potrebbe prevedere un anticipo pensionistico con solo parte contributiva a 62/63 anni e 20 anni di contributi. La quota restante retributiva, si potrebbe ottenere a 67 anni con uno sconto di 12 mesi per ogni figlio per le madri lavoratrici, oppure aumentando il coefficiente di trasformazione corrispondente. In tal caso, sarebbe da considerare un anno in meno di occupazione per ogni 10 anni di lavori gravosi o usuranti, oppure innalzando il coefficiente di trasformazione ma semplificando la certificazione.
La ministra per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna si è detta favorevole all’anticipo di un anno della pensione per ogni figlio. E’ stata proprio lei a proporre Quota mamma nel 2020.
Quota 100 senza futuro
L’opzione Quota 100 è ormai senza futuro, non sarà rinnovata a fine anno. Matteo Salvini spinge per Quota 102, ma si pensa anche a Quota 92. In ogni caso, i sindacati restano favorevoli all’uscita dal lavoro flessibile dai 62 anni, qualcuno chiede anche il pensionamento per specifiche categorie a 60 anni o con 40 anni di contributi.
La pensione di vecchiaia, così come concepita dalla Legge Fornero, prevede l’uscita dal lavoro a 67 anni con una contribuzione minima di 20 anni. Rispetto a Quota 100, si andrebbe in pensione cinque anni dopo e solo chi compie lavori logoranti potrebbe accedervi dai 62 anni. I sindacati faranno di tutto per evitare lo scalone e il governo Draghi dovrà trovare un compromesso.