Non solo sui media ma anche sui social ormai non si fa altro che parlare di riforma pensioni. La scadenza della quota 100 spaventa i lavoratori proprio a causa del famoso scalone di 5 anni che potrebbe portare nel pensionamento.
L’età pensionabile, infatti, se si escludono i pensionamenti anticipati, resta fissata a 67 anni ed è soggetta ad aumento per adeguamento all’aspettativa di vita Istat.
Non potendo più utilizzare la quota 100, che permette non solo un anticipo di 5 anni sulla pensione di vecchiaia, ma anche un sconto contributivo di 4 o 5 anni su quella anticipata, i lavoratori hanno paura di dover attendere per il pensionamento 5 anni in più.
Riforma pensioni
Numerose le misure ipotizzate per andare a sostituire la quota 100 in scadenza che vanno dall’ipotesi dell’INPS di flessibilità a 62 anni con penalizzazioni temporanee (solo fino al raggiungimento dei 67 anni) alla pensione anticipata con la quota 102 con penalizzazioni del 2,8/3% per ogni anno di anticipo.
Tra le molte ipotesi ricordiamo anche quella presentata dall’ex ministro del Lavoro Cesare Damiano nel 2013 (proposta di legge 857 a firma Damiano, Gnecchi e Baretta) che prevede una flessibilità in uscita a 63 anni senza penalizzazione per i profili di tutela (simili a quelli previsti per l’accesso all’Ape sociale), mentre per tutti gli altri una riduzione del 2% per ogni anno di anticipo applicata soltanto sulla quota retributiva della pensione.
Una misura che avvicinerebbe, in qualche modo, le pensioni al contributivo puro andando a penalizzare solo la quota retributiva dell’assegno previdenziale (quella maggiormante onerosa per le casse dell’INPS).
Si tratta, come sempre, soltanto di ipotesi e al momento non ci è dato sapere come sarà attuata la riforma previdenziale. Quello che sappiamo con certezza, però, è che entro la fine del 2021 si dovrà necessariamente arrivare ad un accordo per non trovarci a dover tornare di colpo alla riforma Fornero e alle rigidità che prevede.