In Europa arriva il salario minimo. La Ue pensa a stabilire regole più o meno uguali per tutti i Paesi. In Italia invece non esistono regole uniche. Tutto viene stabilito dalla contrattazione collettiva tra sindacati e datori di lavoro ed in sede ministeriale.
Uno dei pochi Paesi l’Italia, in cui le differenze retributive sono nette da settore a settore. Per esempio, nel settore domestico, quello di badanti e colf, lo stipendio medio ma anche quello tabellare, è nettamente inferiore ad altri settori. E non parliamo di ore di lavoro, perché è a parità di orario che si manifestano in pieno le differenze. E non parliamo neppure di pesantezza del lavoro, perché tutto si può dire tranne che il lavoro di una badante sia leggero rispetto ad altre attività più lautamente pagate.
Questione di contratto collettivo quindi. Per questo la Ue cerca di imprimere una svolta prevedendo il salario minimo europeo. Oggi infatti da Paese a Paese sono altrettanto nette le differenze in materia di stipendio. Ecco una rapida analisi sulle retribuzioni medie generali nei vari Paesi.
Il salario minimo europeo la soluzione al lavoro sottopagato?
In Italia quando al Ministero del Lavoro sedeva Nunzia Catalfo, si tentò la via del salario minimo da 9 euro all’ora. Una soluzione questa per consentire a chi percepiva stipendi bassi, di ottenere un salario più dignitoso. Ma subito scattarono le polemiche, perché fissare un salario minimo riduce l’importanza dei sindacati, perché le parti sociali dalle trattative sugli stipendi costruiscono la loro importanza.
E poi ci furono polemiche da parte di alcune associazioni dei datori di lavoro, anche quelli del settore domestico. Il salario minimo a 9 euro per ora di lavoro non era sostenibile per le famiglie e per gli anziani, spesso pensionati al minimo che con la loro pensione non possono pagare la badante.
Lo scorso 11 novembre però, il Parlamento europeo ha approvato la direttiva che mira ad introdurre in tutta Europa il salario minimo. Oggi infatti non tutti i Paesi della Ue hanno il salario minimo nazionale. Sono solo 21 i Paesi che lo adottano. Ma sono tante ancora le differenze. Ma il salario minimo europeo sarebbe la soluzione a queste differenze? La risposta non è certo facile, anche perché da Paese a Paese cambia tanto anche il costo della vita.
Resta il fatto che un lavoratore dell’Est Europa, dei Paesi Baltici come Bulgaria o Romania (anche se in Romania i salari sembrano in risalita), prende molto ma molto di meno che un lavoratore dell’Europa Occidentale (ma non in Italia).
Il salario minimo e lo stipendio medio in Europa, ecco le cifre
Come detto, differenze abissali tra Paesi in materia di salario dei lavoratori. In Irlanda per esempio, il salario minimo è pari a 1.723 euro al mese. In Olanda invece si assesta a 1.700 euro. Differenze sostanziali se si pensa che in Ungheria il salario minimo è di 422 euro e in Bulgaria, fanalino di coda in questa classifica, si scende addirittura a 332 euro. In Italia alla pari di Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria, un calcolo del genere non si può fare, per i motivi prima citati. Niente salario minimo e per esempio, perle badanti la media è di circa 800 euro al mese.
In Paesi con cui l’Italia confina, il salario minimo è realtà. In Francia e Germania per esempio, lo stipendio minimo è rispettivamente di 1.554 e 1.585 euro al mese. In Spagna si assesta a 1.108 , in Portogallo a 775 euro. Anche la Polonia, nonostante sia un Paese in crescita, il salario minimo è piuttosto basso, assestandosi a 619 euro. Oltre 2.200 euro invece è il salario minimo del piccolo Lussemburgo.