In materia di debiti fiscali e non e di cartelle esattoriali come sono tanti gli obblighi del contribuente così sono tanti gli obblighi del concessionario alla riscossione.
Perché se è vero che il contribuente deve pagare la cartella entro dei termini prestabiliti, oppure che il contribuente può presentare ricorso, ma solo entro termini altrettanto prestabiliti, è vero anche il contrario.
E cioè che la cartella deve essere notificata entro determinati limiti temporali e deve essere redatta e consegnata nella maniera prevista dalle normative. Perché così come per il contribuente ci sono conseguenze gravi nel far passare i termini senza pagare o se passano i termini per presentare ricorso, così sono gravi le conseguenze quando a sbagliare è il concessionario. E per chi deve incassare la conseguenza più grave è che il credito può essere non più esigibile.
E parliamo di prescrizione delle cartelle. Oggi però analizziamo un caso particolare, recentemente oggetto di una pronuncia della Cassazione che di fatto ci fa dire che sulle cartelle esattoriali la fretta può essere cattiva consigliera. Perché il contribuente può fare qualcosa che alla fine gli preclude la possibilità di vedersi cancellare la cartella stessa.
Sulle cartelle esattoriali la fretta è cattiva consigliera, ecco chi paga pesantemente un errore molto comune
In linea di massima un contribuente quando riceve una cartella esattoriale cerca di venirne a capo con la soluzione più idonea alla sua situazione economica e reddituale. Se ci sono sanatorie e rottamazioni da utilizzare, si cerca di sfruttarle per pagare di meno o per ottenere la cancellazione di questi debiti.
Se invece non ci sono provvedimenti di questo genere, la soluzione è quella della rateizzazione ordinaria.
La stragrande maggioranza dei contribuenti in presenza di una cartella esattoriale non controlla mai se ci sono delle scialuppe di salvataggio alternative, magari che richiamano alla prescrizione delle cartelle.
Perché per esempio, se una cartella è stata notificata la prima volta molti anni fa e non c’è stato alcun altro sollecito da parte del concessionario per diversi anni, la prescrizione è lo strumento da richiamare per rendere quella cartella non più da pagare.
La prescrizione delle cartelle esattoriali
Va detto che le cartelle si prescrivono in maniera differente in base alla tipologia di debito ed in genere dai 3 ai 10 anni. Per esempio, se le cartelle esattoriali riguardano tasse con l’Agenzia delle Entrate e se queste tasse sono a cadenza annuale, la cartella si prescrive in 5 anni.
Ma c’è una condizione “sine qua non” per la prescrizione. E cioè, prescrizione attivabile se decorre quel periodo di tempo, ma a patto che non siano sopraggiunti dopo altri atti che sono idonei all’interruzione della prescrizione.
Un atto che interrompe la prescrizione può essere una nuova notifica di pagamento o un semplice sollecito da parte del Concessionario. E la prescrizione riparte da capo per altri 5 anni.
Ma a volte un atto che interrompe la prescrizione lo può compiere pure lo stesso contribuente. Magari semplicemente chiedendo la rateizzazione della cartella. Ed è questo l’oggetto della sentenza della Cassazione di cui parliamo oggi.
Cosa hanno stabilito gli ermellini della Cassazione
Con l’ordinanza numero 27504 del 23 ottobre 2024, la Cassazione non fa altro che confermare l’orientamento di pronunce precedenti in cui venne confermato come anche la richiesta di rateizzazione di una cartella da parte del contribuente, è un atto che p idoneo ad interrompere i termini di prescrizione di una cartella.
In effetti i giudici hanno dato ragione al concessionario che contestava la richiesta di prescrizione da parte di un contribuente che però nei 5 anni di tempo tra una notifica e l’altra, aveva prodotto domanda di rateizzazione. Dal momento che il contribuente ha dimostrato di essere a piena conoscenza del debito, a tal punto da volerlo pagare a rate, il decorso della prescrizione non può sortire effetto.