Andare in pensione a 58 anni è l’aspirazione di molti i lavoratori. E forse è una età che sembra oggettivamente troppo favorevole per diventare realtà, o almeno per diventare realtà per tutti. Ma ci sono ragionamenti nelle stanze dei bottoni che lasciano trapelare come questa via poi non sia così impercorribile. Basti pensare che la pensione a 58 anni verrà riproposta anche nel 2023 per determinate categorie di contribuenti. E potrebbe nel breve termine diventare una possibilità concreta per la generalità dei lavoratori. Tutti in pensione a 58 anni quindi, ma come?
Tutti in pensione a 58 anni ma quando?
Per la proroga di opzione donna nel 2023 ormai non esistono più dubbi. Il Governo ha già deciso che questa sarà una delle tre novità introdotte (Ape sociale prorogata e nuova quota 103). Sul meccanismo della proroga siamo ancora di fronte ad un bivio. La via classica, cioè la proroga senza cambiamenti o la modifica dei requisiti, con il tanto discusso collegamento della misura ai figli avuti. Nel primo caso nel 2023 continueranno a poter percepire il trattamento le lavoratrici che:
- Hanno completato 58 anni di età (59 per le autonome) entro il 31 dicembre 2022;
- Si trovano ad aver completato i 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2022.
Nel secondo caso invece, la modifica è piuttosto contestata, perché fa distinzioni tra madri e non madri e sul numero di figli. Infatti potrebbero percepire il trattamento le lavoratrici che:
- Hanno completato 58 anni di età entro il 31 dicembre 2023 se hanno avuto 2 o più figli:
- Hanno completato59 anni di età entro il 31 dicembre 2023 se hanno avuto un solo figlio;
- Raggiungono i 60 anni di età entro il 31 dicembre 2023 se non hanno avuto figli;
- Hanno raggiunto i 35 anni di contributi versati entro il 31 dicembre 2023.
In pensione a 58 anni di età anche gli uomini, quando?
La misura ha notevoli vantaggi dal punto di vista dell’età di uscita dal lavoro e sulla contribuzione versata. Ben 9 anni prima dei 67 anni di età per la pensione di vecchiaia ordinaria. E tra 6 e 7 anni prima rispetto ai 41 anni e 10 mesi per le donne e la loro pensione anticipata ordinaria. Ma ha anche delle controindicazioni, che per i lavoratori sono tagli di assegno, ma che per lo Stato si tramutano in vantaggi dal punto di vista della spesa da sostenere. Il taglio di assegno che può arrivare al 30% se non oltre è dovuto a diversi fattori che sono:
- Calcolo contributivo della prestazione;
- peggior coefficiente di trasformazione applicato al montante contributivo;
- Interruzione della carriera che significa meno contributi accumulati.
A conti fatti, dopo gli anni di anticipo che rappresentano una spesa aggiuntiva per le case dello Stato, lo stesso Stato inizia a recuperare dal momento che il beneficiario prenderà una pensione più bassa per il resto della vita. Un vantaggio che determina il ragionamento di cui parlavamo in premessa, ovvero di estendere la misura a tutti, inserendola nella riforma e portando quel ventaglio di flessibilità di cui il sistema necessita. Il lavoratore, a prescindere che sia uomo o donna, potrebbe così scegliere una pensione più bassa rispetto ad una più alta restando al lavoro. E consentire a tutti, anche agli uomini la libera scelta una volta arrivati a 58 anni di età e 35 anni di contributi, darebbe al lavoratore stesso la facoltà di calcolare cosa vuole fare “da grande”, cioè prendere una pensione più alta ma più avanti con gli anni o più bassa e subito.