Tra le novità della prossima legge di Bilancio molta attesa per le pensioni. Nella manovra finanziaria del governo Meloni ci sarà un pacchetto pensioni che probabilmente lascerà l’amaro in bocca a molti lavoratori che verranno esclusi anche dalle nuove misure. Ancora una volta si parla di misure che vanno nella direzione di favorire quanti hanno avuto la fortuna di lavorare da tempo e ininterrottamente. Poco da fare per le donne che spesso sacrificano le carriere per la cura della famiglia. E poco per i lavoratori intermittenti, per gli stagionali, per quanti vanno sempre a riempire i periodi di inoccupazione con gli ammortizzatori e così via.
Le novità della legge di Bilancio
Le novità sulle pensioni saranno sostanzialmente 3 e cioè:
- proroga opzione donna;
- proroga Ape sociale;
- nuova quota 41.
In pratica anche nel 2023 si dovrebbe poter uscire dal lavoro con l’Ape sociale e con opzione donna. E poi ecco la nuova quota 41, ma limitata come età. Con opzione donna in pensione ci andrà chi ha completato entro il 31 dicembre 2022:
- 35 anni di contributi versati;
- 58 anni di età per le lavoratrici dipendenti;
- 59 anni di età per le lavoratrici autonome.
Con l’Ape sociale invece usciranno quanti raggiungono nel 2023 i seguenti requisiti:
- 63 anni di età almeno;
- 30 anni di contributi per disoccupati, invalidi e caregivers;
- 32 anni di contributi versati per i lavoratori edili o i ceramisti;
- 36 anni di contributi versati per gli altri lavori gravosi.
La nuova pensione quota 41 come funziona?
Inizialmente si era parlato di una pensione con quota 41 a partire dai 61 anni di età. La misura continua ad essere quella come novità nella legge di Bilancio, ma cambia l’età minima che sale a 62 anni. Servono però come lo stesso nome della misura prevede, almeno 41 anni di contribuzione versata. Come è evidente, per tutte e tre le novità per il 2023, la carriera minima è pari a 30 anni, e per giunta limitata a particolari categorie di lavoratori per l’Ape sociale. SI va dai 30 ai 41 anni di versamenti per le tre misure. Non certo un viatico ideale per chi invece ha carriere irte di difficoltà e da 20 anni o poco più. Per questo che ci sarebbe voluta una pensione flessibile che a partire dai 62 anni di età mandava in pensione, a scelta del diretto interessato, quanti hanno almeno 20 anni di contributi versati. Uno scivolo flessibile e volontario da parte del lavoratore, alla stessa carriera minima prevista per la pensione di vecchiaia ordinaria.