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Vai in pensione a 61, 62 o 63 anni: ecco tre misure da sfruttare e cosa cambia

Si può andare in pensione a 61, 62 o 63 anni perché ci sono tre misure da sfruttare, ecco come.

Tra le varie possibilità di andare in pensione nel 2024 ci sono quelle che permettono di anticipare di diversi anni la quiescenza. In pensione a 61, 62 o 63 anni non è una cosa difficile da fare. In effetti non mancano le alternative alla misure ordinarie e tra le tante, eccone tre che consentono di andare in pensione a 61, 62 o 63 anni di età.

In pensione con 63 anni di età nel 2024, come fare?

La prima misura che può servire come canale anticipato di pensionamento è l’Anticipo pensionistico sociale. Per questa misura i requisiti da completare sono:

  • almeno 63 anni e 5 mesi di età;
  • almeno 30 o 36 anni di contributi versati.

La misura però non è generica nel senso che non riguarda tutti i lavoratori. Infatti solo chi rientra in una delle categorie a cui la misura è applicata, può andare in pensione così presto. Le categorie a cui l’Ape sociale è destinato sono:

  • caregivers;
  • invalidi;
  • lavori gravosi;
  • disoccupati.

Di categoria in categoria cambiano anche i requisiti specifici da completare. A partire dai contributi perché servono 30 anni per invalidi, caregivers e disoccupati e 36 anni per i lavori gravosi. Inoltre, il lavoro gravoso deve essere stato svolto per 7 degli ultimi 10 anni o per 6 degli ultimi 7 anni. I disoccupati devono aver terminato di percepire tutta la Naspi spettante. Gli invalidi devono avere una percentuale non inferiore al 74%. Infine i caregivers devono, da almeno 6 mesi, convivere con il familiare disabile grave che assistono.

Alcune limitazioni dell’Ape sociale

L’Ape sociale da molti non viene considerata come una misura previdenziale in senso stretto. Perché somiglia più ad un assegno di accompagnamento alla pensione. Tanto è vero che la misura dura fino ai 67 anni ed è ricca di limitazioni che sono:

  • una pensione non superiore a 1.500 euro al mese;
  • niente tredicesima;
  • assenza di integrazioni al minimo e trattamenti;
  • niente assegni per il nucleo familiare;
  • nessuna indicizzazione al tasso di inflazione;
  • divieto di cumulo della pensione con redditi da lavoro ad eccezione del lavoro autonomo occasionale;
  • niente reversibilità.

Con la quota 103 uscite ancora prima, a partire dai 62 anni di età

Se l’Ape permette uscite a 63 anni e 5 mesi di età, c’è una misura che consente di uscire già a 62 anni di età. Si chiama quota 103. Una pensione anticipata che si completa con:

  • almeno 62 anni di età;
  • almeno 35 anni di contributi effettivi da lavoro;
  • almeno 41 anni di contributi versati.

La misura ha meno vincoli rispetto all’Ape sociale, a partire da quelli di categoria. Perché la misura vale per la generalità dei lavoratori. Meno vincoli non significa che non ci siano penalizzazioni e limiti. Infatti per la quota 103 bisogna sapere che:

  • la pensione non può superare 4 volte il trattamento minimi INPS;
  • il calcolo della prestazione è interamente contributivo.

Per la quota 103 vale il meccanismo della finestra. E la decorrenza del trattamento, la maturazione dei requisiti completata, scatta decorsi 7 mesi nel settore privato, mentre nel pubblico impiego la prestazione è posticipata di 9 mesi.

In pensione a 61 anni ma per chi?


Limitazioni e vincoli che non mancano nemmeno per opzione donna. Una misura che permette di uscire dal lavoro a 61 anni di età o addirittura prima per alcune lavoratrici. Opzione donna è una misura che si centra con:

  • almeno 61 anni di età;
  • almeno 35 anni di contributi versati.

Tutti i requisiti vanno completati entro la fine dell’anno precedente. L’età anagrafica cambia in base ai figli avuti. Infatti con un solo figlio avuto la lavoratrice può uscire dal lavoro a 60 anni e sempre con 35 anni di contributi. Con due figli invece, l’età scende a 59 anni e sempre con 35 anni di contributi. La pensione con opzione donna è calcolata con il sistema contributivo come la quota 103. Anche in questo caso, la misura è destinata solo a determinate categorie e cioè:

  • invalide almeno al 74%;
  • caregivers che da almeno 6 mesi assistono un parente stretto disabile con cui convivono;
  • licenziate o alle prese con aziende con tavoli di crisi avviati al Ministero del Made in Italy.