Ma davvero pagheremo per Internet? La domanda sorge spontanea dal momento che uno degli argomenti principali che in questi giorni sta interessando l’opinione pubblica è la cosiddetta Web tax. La manovra di Bilancio è finita in Parlamento come da prassi. E adesso è la volte delle proposte di correzione delle manovra che una ventina di giorni fa il Consiglio dei Ministri ha licenziato.
Web tax, cosa significa? Si paga per Internet, ecco le paure degli italiani
Emendamenti in arrivo quindi ed ecco che tra i primi presentati a Montecitorio, dai parlamentari della Camera dei Deputati è proprio sulla Web tax.
In Italia si pagano tasse sulla casa, sulle auto, sui redditi. Ci sono tasse per il possesso del televisore, tasse per l’immondizia e tasse sui consumi. Il solo nominare una nuova tassa fa venire i brividi. E il Web, cioè Internet, ormai è diventato di dominio comune.
Ed una tassa sul Web fa paura. A dire il vero in Italia esiste già una tassa sul Web. Si chiama precisamente “digital service tax“, anche se tutti la chiamano Web tax. Ed è su questa che adesso si ragiona in Parlamento.
Chi va a colpire la tassa sul Web?
La Web tax in Italia è nata perché si voleva colpire quelle multinazionali che in Italia generano volumi di affari elevati ma che pagano poche tasse per il nostro Stato. La Web tax in Italia è pari al 3% dei ricavi digitali generati però al momento solo da grandi aziende che hanno alla voce fatturato oltre 750 milioni di euro globali e ricavi sulla penisola oltre i 5,5 milioni di euro.
La manovra di Bilancio starebbe puntando ad eliminare queste soglie, cioè quei limiti di ricavi e fatturati che la fanno ricadere solo sui veri colossi del Web. Un provvedimento che fa discutere ma, come si evince, non riguarda la popolazione, i cittadini e le famiglie. E questa per i non addetti ai lavori è la grande paura. Che alla fine si viene tassati anche per l’utilizzo del Web.
Attenti, i rischi di una nuova tassa alla fine sono per i consumatori e per le PMI del digitale
La manovra eliminando il vincolo dei ricavi e del fatturato però finirebbe con il colpire in Italia anche le PMI (piccole e medie imprese). Parliamo delle piccole e medie imprese del digitale naturalmente.
Un emendamento di Forza Italia mira a correggere questa stortura di una tassa che giustamente mirava a colpire i colossi del Web e che rischia di trasformarsi in una nuova tassa per piccole imprese digitali, start up innovative, piccoli editori di giornali on line o agenzie digitali che non possono certo essere considerate come dei colossi del Web.
Ecco cosa potrebbe accadere adesso
La tassa sui proventi lordi degli operatori digitali nasce con la legge numero 145 del 2018.
E colpisce i ricavi derivanti dalla pubblicità on line, quelli derivanti dai servizi di intermediazione tra utenti e quelli da trasmissione di dati raccolti da utenti. Questo come ha spiegato e confermato anche l’Agenzia delle Entrate nella circolare fiume (ben 100 pagine, ndr) numero 3/E/2021. Il problema che sorge spontaneo adesso è che la tassa serve allo Stato per fare cassa.
Già da tempo qualcuno ha asserito che alla fine è sempre sui consumatori che la tassa viene caricata. Perché effettivamente i colossi del Web girano a chi li utilizza per qualsiasi cosa in Rete questo incremento di spesa da parte loro, aumentato il costo. Una cosa che difficilmente potranno fare le PMI se davvero verranno colpite adesso da questa tassa.